Crisi acqua, da 30 anni mai così poca pioggia

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“Un’emergenza inedita che determina un’evidente criticità idrica a cui si aggiunge anche l’allerta per gli incendi boschivi”. Così l’assessora all’Ambiente Irene Priolo nell’informativa in Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna sulla crisi che sta attanagliando in maniera particolare la zona del bacino padano.

Già nella giornata del 21 giugno è stato decretato lo stato di crisi regionale e, perdurando alla situazione climatica attuale, nelle prossime ore l’Emilia-Romagna potrebbe essere la prima regione a chiedere lo stato d’emergenza a livello nazionale.

“Annualmente – prosegue la titolare dell’ambiente – la nostra regione necessita di un miliardo e 400 milioni di metri cubi di acqua. Il 60% per usi irrigui, il 25% da destinare all’uso potabile e il 14% per il settore industriale. Le condizioni meteo che si stanno susseguendo dallo scorso autunno stanno oggettivamente mettendo in crisi il prelievo necessario a causa di un bilancio idroclimatico sempre negativo, soprattutto nelle zone di Piacenza, Parma e Ferrara”.

I dati illustrati dall’assessora Priolo sono simili a un bollettino di guerra, con precipitazioni inferiori del 55% rispetto alla media dei trenta anni precedenti. Se alla scarsità delle precipitazioni si aggiunge anche una temperatura decisamente più alta rispetto al solito l’emergenza è ovvia.

Anche nella nostra Regione, il primo osservato speciale è il fiume Po, che giusto il 20 giugno scorso è stato dichiarato in stato di severità idrica alta. “A fronte di una richiesta di aumentare la portata di acqua proveniente dai grandi laghi del Nord Italia – continua Priolo – è stata data una risposta negativa e ciò ha acuito l’emergenza attuale aumentando significativamente la risalita del cuneo, arrivato nel Po di Goro a 21 chilometri dalla costa”.

Critica anche la situazione degli invasi soprattutto nel piacentino, mentre la situazione è decisamente sopra il livello di guardia nel bolognese e nella zona romagnola.

Se ora domina la situazione emergenziale che per Priolo “necessita assolutamente dello stato di emergenza nazionale per coordinare al meglio gli interventi più importanti e urgenti, occorre comunque una strategia multilivello per garantire sempre e comunque l’uso potabile”. Anche in questo caso la situazione critica viene gestita e non è all’orizzonte la razionalizzazione. “Soprattutto per i 240mila abitanti della provincia di Ferrara – specifica Priolo – non sono previste autobotti grazie al buon funzionamento degli impianti potabilizzatori e se anche vi fosse lo stop al prelievo dal Po c’è margine per fare fronte all’eventuale inasprimento della situazione”.

A fronte di numeri in costante cambiamento per la situazione climatica, l’assessora all’Ambiente ha affrontato il tema dell’approvvigionamento idrico in prospettiva futura e, ammettendo che il lavoro da fare è enorme, ha chiarito “come l’Emilia-Romagna non parta da zero perché la Regione sta lavorando da tempo in maniera integrata per aumentare la propria capacità idrica”. Aumento degli invasi, lotta agli sprechi ed efficientamento degli impianti esistenti le principali azioni previste, con un piano di stoccaggio “che si muoverà pienamente all’interno della strategia nazionale, che sarà presentata a breve”. Importanti le cifre che si vogliono raggiungere tra azioni specifiche sugli invasi e i progetti Pnrr, per un aumento di 75 milioni di metri cubi di disponibilità di acqua a cui si devono aggiungere altri 17 milioni di metri cubi da azioni di stoccaggio e 12 milioni dall’upgrade degli impianti.

“Tutte le azioni – conclude Priolo -, da quelle più strettamente emergenziali a quelle di prospettiva, passano però da una necessaria governance nazionale, soprattutto per invertire la tendenza all’inaridimento del fiume Po grazie ad un maggiore rilascio di acqua dai laghi del Nord. Ciò non eviterà comunque la messa in campo di una strategia realmente integrata che deve basarsi anche su un deciso cambio di paradigma nel nostro rapporto con la risorsa idrica”.

Il dibattito in aula ha visto posizioni differenziate.

Secondo il capogruppo della Lega, Matteo Rancan, “questa crisi idrica è anomala, è un’emergenza. E per problemi straordinari, servono misure straordinarie. Non si ripetano gli errori del passato, ma si guardi al futuro. Perché oggi si parla di salvare l’agricoltura, il futuro del nostro sistema agricolo, l’agroalimentare e l’energetico. Va eliminata l’ideologia dalla politica e guardare alla realtà: no all’ambientalismo fanatico. Oggi servono invasi, dighe, serve raccogliere acqua per trattenerla e usarla quando serve. Servono posizioni chiare sul Dmv (Deflusso minimo vitale), ogni anno ci sono richieste di deroghe, ma occorrerebbe una battaglia per ricalcolare il Dmv e usare il valore medio, che consentirebbe agli agricoltori di avere acqua sempre per coltivare, per la zootecnia, per produrre cibo. E anche per l’energia idroelettrica, e un esempio negativo è la chiusura della centrale di Isola Serafini (Piacenza). Serve coraggio, la Lega presenterà un ordine del giorno sul tema”.

Giancarlo Tagliaferri (Fratelli d’Italia), preso atto dell’installazione dell’orologio climatico, che ha definita un’iniziativa giusta, “ma gli agricoltori hanno lanciato l’allarme da molto tempo su una carenza idrica che può mettere a rischio anche la sicurezza alimentare. I territori chiedono interventi mirati. Un esempio sono i bacini artificiali, il Po ha sete, le campagne hanno sete. Le campagne, se non fosse per un finto ecologismo, potrebbero essere usate per affrontare l’emergenza, ma servono bacini di raccolta. L’orologio climatico dà la sveglia per garantire ai cittadini infrastrutture degne e in grado di rispondere ai cambiamenti climatici”.

Per Stefano Caliandro (Partito democratico) “il problema non va affrontato a monte, ma occorre chiedersi perché cambia il clima. L’assessora Priolo ha indicato linee da seguire. E io mi chiedo perché Ferrara e Piacenza siano le aree più colpite. Gli sprechi d’acqua si evitano – riflettere sull’uso potabile, industriale e irriguo – e come si genera l’acqua è legato anche ai piani per l’aria e per i rifiuti. L’orologio climatico ci dice tante cose, ma anche quanto poco tempo abbiamo”.

Silvia Zamboni (Europa Verde) ha ironizzato, rivolta alla minoranza, affermando che “è positivo il riconoscimento sul fatto che i cambiamenti climatici esistono e non sono un’invenzione degli ambientalisti. Tra le soluzione c’è la riduzione delle sostanze climalteranti, lo stop alle trivellazioni in Adriatico (corresponsabili della risalita del cuneo salino nel Delta del Po). I mega invasi non risolvono e la loro attuazione va valutata in termini di dimensioni, localizzazione, gli investimenti vanno considerati nell’ottica del ‘fare di più con meno’. Fra le risposte da dare c’è la necessità di sistemi irrigui efficienti, di una rete capillare di tutti gli invasi, dell’uso di ex cave, della riduzione dello spreco, dell’eliminazione dell’irrigazione a pioggia, della revisione di alcune coltivazioni (ad esempio il kiwi, che non è una coltura di pregio come il pomodoro), di cisterne per la raccolta di acqua piovana sui tetti, del riuso delle acque depurate. E ancora, la sostituzione delle reti irrigue passando dai canali a quelle interrate, la pianificazione di un upgrade delle tecnologie per arrivare al rateo variabile. La giunta vuole finanziare con 3,5 milioni di euro lo studio di una diga, ma forse sarebbe meglio finanziare lo studio di Coldiretti che prevede piccoli invasi sul territorio”.

Silvia Piccinini (Movimento 5 stelle) ha notato “con piacere la citazione dell’iniziativa di sensibilizzazione dell’orologio climatico. Anche io dico sì agli invasi, ma a quelli piccoli. Alcune associazioni come Coldiretti ipotizzano piccoli invasi senza l’uso del cemento, che avrebbero tempi ridotti di realizzazione rispetto a quelli di grandi dimensioni. Le strutture che servono andavano fatte 20 anni fa. Oggi c’è un’emergenza su cui si deve intervenire subito, mantenendo, però, l’equilibrio con il territorio e l’ambiente.

Giulia Pigoni (Lista Bonaccini) ha sottolineato la complessità della situazione nella quale la siccità ha visto la concomitanza di temperature record. “Dal governo – ha affermato – ci aspettiamo una posizione forte e pragmatica. Positivo l’avvio della cabina di regia per l’emergenza idrica, ma è solo un primo passo. La Regione ha investito 7 milioni per gli invasi aziendali, ora servono quelli territoriali. In regione sono stati investiti sulle infrastrutture idriche 250 milioni di euro che diventeranno 350 con il Pnrr. A livello locale occorre intervenire per un uso oculato di acqua e coinvolgere il maggior numero di cittadini, anche con campagne di comunicazione per arrivare a una riduzione di consumi. Atersir ha stimato che la siccità ha provocato perdite per 190 milioni di euro. Dobbiamo esaminare le ricadute dell’emergenza siccità”.

Per Emiliano Occhi (Lega) “siamo in una tempesta perfetta: crisi di energia e di acqua. Abbiamo perso 30 anni e i dati climatici già si conoscevano. Non sono stati fatti invasi. La diga di Vetto forse ci sarà fra 15 anni, ma noi dobbiamo partire adesso. Servono fondi nuovi, vanno usati anche quelli del 2018. E poi ci sono le procedure da snellire, l’uso dei fondi europei. Dopo la deriva ambientalista serve un nuovo piano acque coraggioso che coinvolga aziende, agricoltori, consorzi bonifica”.

Per Valentina Castaldini (Forza Italia) “lo stato di crisi in regione pone una questione politica: cosa ha portato di concreto la cabina di regia? Finora ci sono stati interventi a macchia di leopardo. Atersir ha dichiarato che servono 197 milioni di euro per ridurre le perdite. Le reti sono un problema: nel 2021 il 31,2% dell’acqua immessa negli acquedotti si è dispersa. Alla giunta chiedo quanto si investirà nei prossimi 10 anni, quali progetti saranno pronti e finanziati con il Pnrr?”.

Per Marco Mastacchi (Rete Civica) la siccità è un problema di evidente attualità, “ma va anche stigmatizzata la scarsa lungimiranza della politica sul tema della risorsa idrica. Per il capogruppo “il clima è altalenante e solo pochi mesi fa ci siamo trovati in quest’aula per parlare di esondazioni, mentre ora rincorriamo il tema della siccità, anche se in questa emergenza non ho sentito parlare di interventi strategici là dove l’acqua nasce: la montagna”. Mastacchi, stigmatizzando come i dinieghi alla costruzione della diga di Vetto o quella di Castrola ora vengano pagati a caro prezzo, sollecita quanto prima la presentazione di un piano invasi regionale “che possa colmare il vuoto di quello nazionale da troppo tempo atteso”.

Marco Fabbri (Pd), prima di interventi specifici, sollecita l’adozione di buone prassi per preservare la risorsa idrica. “Bene quindi la futura presentazione di un piano acque e piano invasi ma – specifica ancora il consigliere ferrarese – queste azioni devono accompagnarsi a decise innovazioni in campo agricolo e in moltissimi altri campi che devono accompagnarsi a un radicale cambiamento nelle nostre abitudini quotidiane”.

Anche Igor Taruffi (ER Coraggiosa) sollecita un approccio al tema della siccità di tipo integrato, fatto salvo il fatto che ormai quasi nessuno si permette di negare la realtà dei cambiamenti climatici. “Prima di parlare degli invasi – continua Taruffi – è necessario parlare in maniera integrata della dispersione della rete idrica chiedendo con forza che chi la gestisce faccia la dovuta manutenzione, così come dobbiamo prevedere un’attenta valutazione sui tipi di colture che possiamo fare nei nostri territori”. Sugli invasi, infine, l’esponente di Emilia-Romagna Coraggiosa è favorevole a una rete di piccoli bacini “di comunità”, mentre sottolinea l’antistoricità e contrarietà alle linee guida europee per gli invasi di grandi dimensioni.

Al termine del dibattito presentate due risoluzioni, una della Lega a prima firma Fabio Rainieri e una del Partito democratico, primo firmatario Marco Fabbri. Quella della Lega è stata respinta, quella del Pd approvata (senza però i voti di Europa Verde e M5s).

Nel primo documento si sottolinea l’importanza dell’acqua per tutelare le tante eccellenze agroalimentari della regione. La Lega chiede di superare gli ostacoli per semplificare l’arrivo delle dighe e non aspettare anni. La risoluzione del Pd, invece, dice sì allo snellimento delle procedure, anche se certi passaggi complessi non si possono evitare, ad esempio quella per gli espropri.