Marca orientale e Ricordo, oggi la storiografia fa luce sull’oscurità tragica delle foibe

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“Foibe” è il nome delle voragini carsiche diffuse in tutta l’area di frontiera tra Italia, Slovenia e Croazia in cui vennero precipitati i corpi di circa cinquemila italiani.

La data del 10 febbraio, fissata per il Giorno del ricordo (2004), coincide con il giorno in cui nel 1947 venne firmato il trattato di pace con l’Italia che prevedeva la cessione alla Jugoslavia di Zara, di Fiume e di quasi tutta l’Istria. Una coincidenza che «portava insita in sé una forzatura tutt’altro che lieve […]. Non c’è dubbio infatti – scrive lo storico Raoul Pupo nel saggio “Due vie per riconciliare il passato delle nazioni?”, “Italia contemporanea”, n. 282/2016, – che nella memoria dei profughi giuliano-dalmati la firma del trattato di pace sia sempre stata considerata come l’evento fondante della loro tragedia, mentre date alternative, che pur erano state proposte, non possedevano alcun valore simbolico riconosciuto. Ma è anche vero che quell’opzione poteva – e, nei desideri di taluno, voleva – ridare fiato a quanti, coerentemente con la tradizione nazionalista, imputavano alla “debolezza” dei governi democratici e antifascisti del secondo dopoguerra l’accettazione del “diktat” del trattato di pace e il conseguente esodo, obnubilando le responsabilità del fascismo nell’aver condotto l’Italia in guerra a fianco dei nazisti e, sempre a fianco dei nazisti, nell’aver aggredito e smembrato la Jugoslavia, che al tavolo della pace poteva quindi presentarsi tra le fila delle vittime e dei vincitori».

Tutti gli storici seri non parlano di “pulizia etnica”, ma piuttosto di ragioni politiche – e di vendette nei confronti degli italiani quali rappresentanti dello Stato fascista – che collocano nella giusta (anche se drammatica) prospettiva e nel contesto storico di allora le foibe.

La data così ravvicinata della Giornata del ricordo alla Giornata della memoria della Shoah, celebrata il 27 gennaio, «sembrava fatta apposta – scrive ancora Pupo – per suscitare fraintendimenti e confusione che, puntualmente, si sono verificati, anche se in misura ridotta. Del resto, tale appunto era l’intendimento esplicito di alcune frange più radicali dell’associazionismo degli esuli, contigue all’estrema destra italiana, da tempo impegnate a presentare foibe ed esodo quali atti genocidari, bisognosi di un riconoscimento pari a quello della Shoah. Quel che lascia più perplessi, al riguardo, è non solo che una certa condiscendenza verso un’impostazione del genere fosse silenziosamente presente anche nelle associazioni più moderate della diaspora giuliano-dalmata, ma che il legislatore, pur avvertito, abbia preferito non accorgersene».

La drammaticità di quelle morti non è certo messa in discussione, ma per capire, che non significa giustificare genericamente, è importante non scordare che esse furono anche il frutto della confusione che regnò in Istria, soprattutto all’indomani dell’8 settembre ’43, quando nelle file dei partigiani (italiani, sloveni e croati) si infiltrarono quelli «dell’ultima ora».
Un contesto storico complesso che prende le mosse da vent’anni di occupazione fascista, caratterizzata da una durissima politica di “italianizzazione”.

Secondo Pupo è la «debolezza culturale della destra italiana, soprattutto in campo storico, [che] ha procurato serie difficoltà ai suoi sostenitori tutte le volte in cui si è trattato di passare dalla retorica celebrativa alla riflessione storiografica, alla divulgazione di alto profilo e – soprattutto – alla costruzione di percorsi didattici».
È fuorviante, perciò, parlare ancora oggi di pagine oscure e mai chiarite a proposito di quei tragici fatti perché la bibliografia esistente sulle foibe è molto ricca. Naturalmente ci sono libri più o meno seri a disposizione di chi volesse veramente saperne di più (vedi bibliografia).

Spesso, però, sorge il ragionevole dubbio che più di voler veramente conoscere quegli avvenimenti l’interesse sia rivolto alla mera polemica politica.

Post scriptum

Per una panoramica generale sul problema delle violenze di massa, conosciute come “foibe giuliane” come sul dibattito storiografico e sull’uso politico della questione Raoul Pupo – nel saggio citato – suggerisce diversi titoli: Giampaolo Valdevit, Foibe. Il peso del passato, Venezia Giulia 1943-1945, Venezia, Marsilio, 1997, con saggi dello stesso Pupo, Roberto Spazzali, Nevenka Troha, Giampaolo Valdevit; Darko Dukovski, Rat i mir istarski: model povijesne prijelomnice (1943-1955), Pola, C.A.S.H., 2001; Raoul Pupo, Roberto Spazzali, Foibe, Milano, Bruno Mondadori, 2003; Elio Apih, Le foibe giuliane, Gorizia, Leg, 2010. In particolare sulle violenze della primavera del 1945: Raoul Pupo, Trieste ’45, Roma-Bari, Laterza, 2010. Per un diverso punto di vista vedi Jože Pirjevec, Foibe. Una storia d’Italia, Torino, Einaudi, 2009; Luisa Accati, Renate Cogoy (a cura di), Il perturbante nella storia. Le foibe: uno studio di psicopatologia della ricezione storica, Verona, QuiEdit, 2010. (Vedi: http://ojs.francoangeli.it/_ojs/index.php/icoa/article/view/4142>),

Pubblicazioni recenti
Eric Gobetti, E allora le foibe?, Laterza 2020;
Raoul Pupo, Adriatico amarissimo. Una lunga storia di violenza, Laterza 2022.

Vogliamo anche segnalare le riviste “Qualestoria” (di cui vanno ricordati anche i due numeri monografici 2007/1 e 2016/1 dedicati entrambi alla storiografia slovena) e “Storia contemporanea in Friuli, la prima edita dall’Istituto storico di Trieste e la seconda da quello di Udine.
Inoltre, segnaliamo la “Relazione della Commissione mista storico-culturale italo-slovena (1993 – 2001)”, «un tentativo – come si legge nel sottotitolo – di costruire una memoria storica condivisa dopo un secolo di tragiche contrapposizioni»
(<https://www.isgrec.it/confine_orientale_2018/materiali/relazione%20commissione%20mista.pdf>).

Per saperne di più sui due punti di vista opposti vi consigliamo: J. Pirjevec, Foibe. Una storia d’Italia, Torino, Einaudi, 2009; cit., e Liborio Mattina, Democrazia e nazione: dibattito a Trieste tra Luciano Violante e Gianfranco Fini, Trieste, Eut, 1998.
Una storica controversa del confine orientale, non citata però nella bibliografia di Pupo, è Alessandra Kersevan, la cui produzione saggistica potete scaricarla dal sito <https://it.wikipedia.org/wiki/Alessandra_Kersevan>.