La ‘ndrangheta in Emilia. Dalla Chiesa: politici timidi e la mafia penetra

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Nonostante le iniziative “all’avanguardia” avviate gia’ anni fa, come “i gemellaggi con le scuole dei quartieri disagiati di Palermo”, Reggio Emilia non e’ riuscita ad evitare le infiltrazioni della ‘ndrangheta. I suoi anticorpi “si sono rivelati piu’ deboli di quanto si pensasse perche’ e’ mancata una quota di modestia nel pensare di essere diversi dagli altri che poi ha provocato una modestia delle istituzioni politiche”, che hanno affrontato timidamente il tema della penetrazione mafiosa sul territorio.

A dirlo e’ Nando Dalla Chiesa, docente di sociologia della criminalita’ organizzata all’universita’ di Milano, che ha presentato questa mattina nella Camera del lavoro provinciale il suo nuovo libro -“Rosso mafia, la ‘ndrangheta a Reggio Emilia (edizioni Bompiani) – scritto con la ricercatrice Federica Cabras. Il volume, nato su input di Casa Cervi della stessa Cgil reggiana, torna a indagare la genesi delle vicende emerse in modo conclamato nel processo Aemilia e, come spiega Cabras, “si propone di superare i limiti che derivano dall’attestarsi sui limiti di una storia giudiziaria raccontando un’altra storia, nata 40 anni fa e attinente al territorio, con la consapevolezza che non e’ ancora conclusa”.

Nell’incontro, moderato dal giornalista reggiano Paolo Bonacini, Dalla Chiesa ha elogiato la Cgil, parte civile in Aemilia, “perche’ e’ andata contro la marea e, diversamente da altri sindacati, ha scelto di non inalberarsi sui valori delle lotte contadine di 50 anni fa, ma di affrontare la ‘ndrangheta qui e ora”.

Poi, a beneficio dei numerosi studenti presenti in sala ad ascoltare, il professore universitario ribadisce: “Il segreto della ‘ndrangheta e’ la conquista dal basso che non e’ visibile immediatamente dall’opinione pubblica, ma solo da chi e’ attento o ne viene in contatto. Ma se scegli di non vederla, poi te la trovi in casa”. Non e’ facile difendersi, aggiunge Dalla Chiesa, “perche’ non si puo’ contestare che, ad esempio, un signore venuto dalla Calabria sia assunto da un Comune. Ma quello e’ il punto di partenza della conquista di quel Comune”.

Quanto ai metodi della infiltrazione criminale (nel libro si parla diffusamente dei rapporti con il mondo economico e politico) lo studioso evidenzia il fenomeno da lui denominato “della violenza a bassa intensita’” che “e’ senza sangue, non fa rumore, ma ha la forza di fare immaginare il sangue a chi la subisce”. Non deve poi trarre in inganno, circa lo stato di salute di un territorio, il fatto che non ci siano omicidi: “Spesso il controllo e’ cosi’ totale che non ce n’e’ bisogno”, quindi il termometro “e’ il grado di liberta’ degli amministratori locali”.

Altro aspetto evidenziato: “La ‘ndrangheta non toglie i simboli ad un territorio, ma li svuota del loro significato e diventano retorica”. Come dimostrato da Aemilia gli affari illeciti non avevano confini. “Il Po, come per i latini per loro unisce e non divide, non esistono Emilia e Lombardia, ma solo la terra di Grande Aracri”. Concludendo Dalla Chiesa afferma: “La ‘ndrangheta non e’ un’organizzazione, ma un movimento di conquista sociale con una dorsale criminale”.

Il segretario della Cgil di Reggio Ivano Bosco afferma: “Dove c’e’ mafia non c’e’ liberta’, ne’ degli individui nella societa’ ne’ dei lavoratori sul posto di lavoro. E questo con la nostra costituzione di parte civile al processo, che non abbiamo fatto per incassare, siamo in qualche maniera riusciti a certificarlo”. Tra le pagine del libro anche una lettura critica degli interrogatori di Graziano Delrio sulla sua visita a Cutro nel 2009, una vicenda su cui il capogruppo del Pd ha riferito nuovamente di recente in commissione parlamentare Antimafia.

(fonte Dire)