Ultimi fuochi, Reggio infila la camicia nera

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Dal 31 dicembre 1920 alla fine del 1921 in provincia di Reggio gli assassinati dai fascisti furono 12, ai quali nei primi sei mesi del 1922 si aggiunsero altri 6 antifascisti. La strada del socialismo reggiano che era apparsa inarrestabile e in continua espansione, iniziò una ripida discesa, che lo portò nel volgere di pochissimo tempo alla dissoluzione.

Alcuni fatti accaduti a Reggio e in provincia suonarono come un inequivocabile campanello dall’arme. Oltre alle distruzioni delle cooperative, dei circoli socialisti, delle sedi sindacali, dei “comuni rossi”, degli uffici di collocamento, l’8 aprile 1921 furono assaltate e distrutte la sede della Camera del lavoro provinciale di Reggio e la redazione, con annessa tipografia, del giornale socialista la Giustizia. E così, purtroppo, avvenne un po’ in tutta Italia.

Caduto il governo Facta, dimostratosi incapace di contenere la violenza fascista, non si aprì, contrariamente alle speranze di molti, una nuova stagione di pacificazione e di legalità. Fu allora che il gruppo parlamentare e i riformisti, in contrasto con la maggioranza massimalista del partito, cercarono di sfruttare gli stretti margini residui di manovra per rilanciare l’iniziativa. Turati, giocando il tutto per tutto, si recò dal re per dare parere favorevole del gruppo parlamentare socialista ad un eventuale governo di tenuta democratica. Purtroppo si arrivò alla reinvestitura di Facta e, di conseguenza, alla fine di ogni speranza.

Il fallimento del patto di “pacificazione” con Mussolini e la divisione consumata con i comunisti, indebolirono tutto il fronte antifascista, affidando l’iniziativa politica solo al coraggio e alla volontà dei dirigenti più attivi e determinati. Nonostante il clima di violenza imperante in tutta la provincia reggiana, i socialisti non vollero rinunciare a festeggiare la festa del Primo Maggio del 1922.

Quel giorno raggiunsero Reggio migliaia di persone non solo per festeggiare la giornata dei lavoratori, ma anche per richiedere il ripristino della legalità e la fine delle violenze. Al comizio si tenne al teatro municipale, il prefetto lo aveva consentito solo a patto che la manifestazione si svolgesse in forma privata, parlarono Prampolini, il comunista dott. Gasperini di Urbino, il repubblicano Schinetti e il segretario generale della C.G.I.L. D’Aragona, il quale toccò uno dei temi centrali della questione fascista: “Il fascismo – affermò – non è sorto per reazione alla cosiddetta violenza dei sovversivi, bensì per colpire gli organismi di difesa operai che maggiormente premeva alla borghesia di abbattere.

Si stanno, in pratica, contrapponendo due incompatibili blocchi socioeconomici”. In molti altri comuni però si registrarono scontri, feriti e morti.

L’appuntamento che però segnerà la definitiva resa dei socialisti sarà paradossalmente lo sciopero generale del 1-3 agosto 1922, proclamato dall’’Alleanza del lavoro (C.G.I.L., U.S.I. e U.I.L., sindacato dei ferrovieri, dei lavoratori dei porti, socialisti. Repubblicani e anarchici) in “difesa delle libertà politiche e sindacali”. I comunisti non aderirono all’Alleanza, limitandosi a dichiarare la loro vicinanza ai lavoratori in sciopero con tutti i mezzi loro disponibili.

Turati e Prampolini dichiararono che lo sciopero avrebbe avuto “carattere legalitario”, supportando lo Stato nella difesa contro le minacce fasciste. Il messaggio lanciato dall’Alleanza del lavoro non fu recepito, o compreso dal governo, facendo così naufragare l’ennesimo tentativo socialista d’evitare il baratro. I fascisti allertati per tempo ebbero invece modo d’organizzare, armi alla mano, una violenta reazione per stroncare lo sciopero. Nonostante tutto la partecipazione degli operai fu numerosa e compatta. Quando i fascisti intervennero davanti ai luoghi di lavoro per porre fine allo sciopero le autorità di polizia, contrariamente alle aspettative dei socialisti, lasciarono fare e il clima si incupì velocemente.

Di fronte alla violenza reazionaria fascista e alla complicità della polizia, i dirigenti sindacali dell’Alleanza decisero, per evitare un nuovo spargimento di sangue, di sospendere lo sciopero il 3 agosto a mezzogiorno.

A Reggio l’adesione allo sciopero fu buona, soprattutto alle officine “Reggiane”. Scioperarono i lavoratori delle cooperative, del calzificio di Gardenia, i ferrovieri della Reggio-Ciano, gli operai delle fabbriche e i contadini di molti comuni della provincia.


Il timore di disordini e di ulteriori spargimenti di sangue indussero tuttavia la commissione delle organizzazioni operaie di Reggio a ordinare la cessazione dello sciopero nel pomeriggio del 2 agosto, addirittura il giorno prima dello stop proclamato dall’Alleanza del lavoro.

Quale segnale più evidente di debolezza e di incapacità a reagire poteva dare il movimento operaio?
La cessazione anticipata dello sciopero ebbe il sapore della resa, ma considerata la connivenza delle forze dell’ordine, divenne l’unica soluzione possibile per non provocare altro spargimento di sangue. Gravi disordini e violenze si ebbero invece a Milano dove l’amministrazione socialista fu estromessa e venne incendiata la redazione dell’Avanti!, a Genova dove fu distrutta la redazione del giornale socialista Il Lavoro, a Firenze che vide invece l’assalto alla Camera del Lavoro.

La redazione de La Giustizia aveva già lasciato Reggio per Milano e diversi dirigenti socialisti reggiani dovettero ben presto allontanarsi da Reggio.




Ci sono 2 commenti

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  1. Ivaldo Casali

    Mi permetto di aggiungere questi appunti sul cosiddetto “Biennio Rosso”, al fine di rendere noto che la violenza non era solo ad opera dei fascisti, ma anche dei socialisti di quel periodo storico. Come sempre in queste rievocazioni prevale la partigianeria!

    Alcide DE GASPERI e le camicie nere nel “biennio rosso”! (1881 – 1954 – Politico)
    (Fondatore della Democrazia Cristiana; Presidente del Consiglio dei Ministri di 8 Governi di coalizione dal dicembre 1945 all’agosto 1953).
    In aprile, un mese prima delle elezioni politiche del maggio 1921, uno sconosciuto e pacato candidato trentino del Partito Popolare d’ispirazione cristiana, fondato due anni prima dal prete siciliano Don Luigi Sturzo, ma già il secondo in Parlamento, commenta con una certa benevolenza il fenomeno dello squadrismo: “Noi non condividiamo il parere di coloro i quali intendono condannare ogni azione fascista sotto la generica condanna della violenza. Ci sono azioni in cui la violenza, ance se assume l’apparenza di aggressione, è in realtà una violenza difensiva, cioè legittima”. Si chiama Alcide De Gasperi: da lì a un mese verrà eletto Deputato per la prima volta; nel 1946 sarà il primo Capo di Governo della nuova Repubblica Italiana. (Fonte: “Il Nuovo Trentino” del 7 aprile 1921).

    Pasquale MARCONI e le camicie nere nel “biennio rosso”! (1898 – 1972 – Medico)
    (Comandante partigiano delle “Fiamme Verdi” e Deputato per tre legislature).
    Stralcio del discorso che l’On Pasquale Marconi non ha potuto fare alla Camera dei Deputati causa l’anticipata chiusura della discussione generale:
    …”Anche nel 20 – ’21, gente per bene, gente qualificata, mi diceva: ”Perché te ne vuoi prendere tanto per due bastonate date ai socialisti che se le meritano?”. Forse se le meritavano. I giovani di oggi conoscono i socialisti solo come vittime del fascismo; ma io lì ho conosciuti quando erano essi, padroni della piazza, ad esercitare la prepotenza, a bastonare, a uccidere. Mia madre come bracciante agricola era iscritta naturalmente in una lega bianca che per disprezzo era ovviamente chiamata gialla; e ogni sera, quando queste otto o dieci sparute “gialle” tornavano dai campi, erano regolarmente aggredite e picchiate dalle “rosse” e io dovevo intervenire nella mischia; il riformista On. Zibordi, sulla Giustizia mi definiva perciò con epiteti di cui l’unico riferibile è “salame insaccato dai preti”; sono stato assediato in casa, assalito per strada, sono stato fra quegli ufficiali per cui si fermavano e non partivano i treni. Contro il progetto di divorzio del socialista On. Marangoni ho fatto il mio più bel discorso perché la gazzarra, gli urli, i fischi, dei socialisti non mi hanno permesso di dire una parola. I preti erano aggrediti e svestiti per le strade; le processioni disperse; perfino le cerimonie funebri nei cimiteri ostacolate dal fanatismo rosso”… (Tratto dal libro “La Penna e la Voce del Dott. Pasquale Marconi”, a cura di Mons. Francesco Milani – Ed. 1975).

  2. Pietro

    I bei pezzi di Fabrizio Montanari sono un antidoto alla perdita di memoria sulla nostra storia locale; anche il corredo fotografico ci ricorda una Reggio precedente gli scempi più e meno recenti. Mala tempora…


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