Addio al poeta Pietro Formentini, un artista eclettico

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Pietro Formentini è scomparso nella notte di sabato 28 marzo. Era nato a Bagnolo in Piano (Reggio Emilia) 82 anni fa.

Laureato in Lingue e letterature straniere, ha iniziato da studente a collaborare, a metà anni Cinquanta del Novecento, alla “Pagina dello Studente”, una rubrica settimanale ospitata dalla “Gazzetta di Reggio”. Insieme ad Antonio Zambonelli ha prestato servizio militare in Sicilia, ma ben presto Pietro è stato chiamato a Roma – ricorda lo storico reggiano – alla redazione di un giornale dell’esercito. Terminato il servizio di leva i suoi interessi culturali e professionali lo hanno “trasferito” a Roma. Di sé racconta nell’autobiografia pubblicata nel sito web engheben.it: «Sognavo di fare l’attore comico: certamente “comico” era questo mio desiderio che vivevo con drammatica tensione; mi piaceva ridere e far ridere gli altri; pensavo che ridendo si potesse pensare meglio e di più, e morire un po’ meno, o forse non morire affatto».

Scrittore di poesie e racconti per ragazzi, regista di teatro, radio, video legge spesso e volentieri in pubblico le sue poesie, in biblioteche, scuole, teatri.
Ha pubblicato raccolte quali “Poesiafumetto” e “Parolamongolfiera”, “Polpettine dl parole”, “Il gioco della rima”, “Le Cartastorie” (disegni con didascalie rimate), “Diario di Poesia”, e altre.

La Settimana della Lettura a San Giorgio delle Pertiche, 2008 (Fotografia di Elia Zardo, FPF – Formentini Pietro Fans, fb)

Ha scritto le sue prime poesie mentre per radio RAI stava realizzando programmi radiofonici destinati ad un pubblico di ascoltatori adulti.
«II lavoro radiofonico – scrive nella sua autobiografia citata – mi appassionava: ero a tu per tu con la parola scritta e parlata, con una parola-suono che costituiva il materiale fondamentale delle mie ricerche di scrittura e di regia. Numerosissimi sono state le mie regie e i miei radiodrammi (oltre a diversi programmi a puntate), con alcuni dei quali sono risultato vincitore due volte del Premio Italia, due volte consecutive del Prix Monaco (Montecarlo)», vincendo, inoltre, altri premi in diversi paesi europei.
Fra le regie teatrali, ricordiamo, in particolare, “PesceTopoCoccodrillo” messa in scena dal Teatro delle Briciole, nel 1986, alla Sala Verdi di Reggio Emilia, e replicata per quasi due decenni.

Abbiamo voluto sapere qualcosa in più sull’artista reggiano. Abbiamo rivolto, perciò, alcune domande ad Anna Bergamim, per tanti anni al lavoro alla Corte Ospitale e a Modena a Emilia Romagna Teatro.

(FPF – Formentini Pietro Fans, fb)

Anna, Pietro Formentini, tuo zio, era un intellettuale reggiano che per molti anni ha lavorato a Roma. Che uomo era? Che artista era? Che formazione ha avuto?

Pietro era un artista. Un artista eclettico. Era un attore, un regista, un autore di teatro, un poeta, un disegnatore. Era un uomo schivo, timido. Un uomo rigoroso, sincero; capace di ironia e autoironia, di leggerezza e di profonde riflessioni. Di carisma e di empatia.
Si era laureato in lingue e letteratura passando per diverse facoltà perché contemporaneamente si iscriveva a una scuola di Teatro (a Milano al Piccolo Teatro, a Bologna all’Antoniano) e mia nonna, che non voleva le frequentasse lo portava via (allora la maggiore età era 21 anni). Ma quella era la sua passione e con la laurea continuò la scuola di teatro.
Entrò nella compagnia di Giancarlo Sbragia, Valentina Fortunato, Garrani, Fantoni che lavorava con il regista Virginio Puecher. Questo lo portò a Roma. Fece l’aiuto regista, poi l’autore e il regista di Don Chisciotte.
Ebbe contatti con il Gruppo 63. Cominciò a scrivere testi per la Radio e vinse un Prix Italia per Atto senza parole di Majakovski.

Continuò a scrivere per il teatro e a fare laboratori. Cominciò a disegnare e a fare poesie.
Con il Teatro delle Briciole realizzò uno spettacolo mitico, con i disegni di Leo Lionni, PesceTopoCoccodrillo, spettacolo che è andato in scena fino a pochi anni fa.
Per il Comune di Reggio e l’Assessorato alla Cultura realizzò la prima mostra interattiva di poesia Parola Mongolfiera, insieme a Mariano Dolci.
E poi ancora tanti, tanti laboratori di poesia, tanti laboratori di teatro, tanti libri di poesia per bambini. Tanto lavoro con le scuole in Italia e all’estero.
Venne invitato a Città del Messico per realizzare un testo radiofonico.
Sono tantissime le cose che ha fatto e scritto e ancora c’è tanto materiale che potrebbe essere pubblicato.

Ha mantenuto, dopo il suo trasferimento a Roma, dei rapporti artistici con la sua città?

Vorrei che, quando tutto questo disastro sarà finito, tutto il materiale che c’è ancora a casa sua possa essere raccolto, conservato e studiato; dalla Biblioteca, dall’Università.

Tu hai lavorato nel mondo teatrale. È stato importante per te, per le tue scelte professionali?

Pietro mi ha fatto scoprire il teatro, me ne ha trasmesso la passione. Fu lui a farmi vedere, ancora ragazzina, Antigone di Sofocle, al Teatro Municipale del Living Theatre. Mi si aprì un mondo che non più lasciato. Ha inventato poesie per i miei figli, per loro e con loro.

In questi pochi giorni ho scoperto e conosciuto tantissime persone che hanno lavorato con lui e ne sono diventate amiche.
Perché Pietro era così, ti colpiva, ti catturava e ti restava nella mente e nel cuore, come le sue poesie, la sua voce, la sua ironia e il suo rigore. Sapevi di trovarti di fronte una persona vera, sincera, un artista.




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