In una intervista rilasciata all’edizione online di Corriere Torino, Claudio Foti, 68 anni, psicoterapeuta e direttore scientifico della onlus “Hansel e Gretel”, da giovedì libero dalla misura degli arresti domiciliari, era stato arrestato il 27 giugno scorso nell’ambito dell’indagine “Angelie Demoni” sugli affidi in Val d’Enza, con accuse gravi quali quella di avere manipolato una minorenne spingendola a confessare abusi sessuali non esistenti, ha spiegato la sua vicenda giudiziaria: “Per me è caduta l’accusa più grave e infamante, relativa alla manipolazione della ragazza e alla terapia, così hanno scritto, “brutale e suggestiva” che io avrei eseguito. Ma per fortuna il diavolo fa le pentole e non i coperchi, e la grazia del Signore mi ha consentito di ricordarmi che io quegli incontri li avevo registrati. Venti ore di filmati per 15 sedute mi hanno salvato”.
E alla domanda come si spiega che gli abbiano contestato reati così gravi, Foti risponde al Corriere: “Ho delle idee, ma devo essere cauto. Un aspetto della “bufala” nei miei confronti, è che mi hanno indagato per aver trattato una paziente come ‘una cavia’. La verità è che noi avevamo vinto un bando dell’Asl di Reggio Emilia, che prescriveva un’attività di formazione di un gruppo di psicoterapeuti della stessa Asl, i quali avrebbero dovuto assistere alle sedute in una stanza con una videocamera a circuito chiuso. Una modalità che si usa in tutto il mondo. C’era il consenso della madre e di tutti gli interessati. Non so davvero perché tutto ciò sia accaduto. Sono di orientamento buddista, credo che le persone della procura che mi hanno accusato siano state animate dal desiderio di cercare la verità. Ma talvolta, la verità, la si cerca in modo sbagliato. Hanno detto a noi che eravamo verificazionisti, eppure, forse, lo sono stati loro: hanno trasformato in teorema qualcosa che non c’era”.
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