Un sindaco solo

sindaco Marco Massari in Sala del Tricolore – CoRE

La verità è che Massari è solo. Solo, accanto a una realtà che non riesce a comprendere, a ragioni che non sa spiegarsi. L’inesperienza in politica si paga. Lui ha peccato di superbia, respingendo la diffusa consapevolezza di una candidatura arrivata solo in seguito allo scontro tra le correnti che compongono oggi il Partito democratico, scegliendosi un profilo ambiguo: eletto dal Pd ma sedicente “civico”, ha riportato il Comune agli anni Settanta, con la Cgil da un lato e l’Anpi dall’altro, e convocando qualche amico di gioventù di età media over 70.

Massari è solo a tal punto che dopo ventiquattr’ore dalla clamorosa rottura con Max Mara nessuno, manco l’ultimo compagno dell’Orologio, ha speso una parola per dargli sostegno. Il che, per chi ha confidenza con la politica, equivale a una silenziosa quanto definitiva bocciatura.

Il caso Max Mara ha caratura nazionale stanti le dimensioni del gruppo, tra fatturato, proprietà, lavoratori. La famiglia Maramotti significa anche un gioiello bancario quale è Credem, ai vertici delle classiche di qualità nel mercato del credito a livello europeo. Solo nel campo del luxury brands Max Mara occupa 6.000 persone, delle quali 4.500 nella sola Italia. I negozi sono distribuiti in oltre 100 paesi del mondo. Per non parlare delle ricchezze in campo fondiario, immobiliare, culturale.

Qualsiasi città grande media o piccola farebbe ponti d’oro a un investimento della famiglia Maramotti sul proprio territorio. Il Polo della Moda significherebbe centinaia di nuovi posti di lavoro, forza attrattiva, indotto eccezionale. Senza Maramotti Reggio non avrebbe la stazione Mediopadana, un vero lusso per la città, utilizzata da migliaia di viaggiatori al giorno da mezzo Nord Italia. Massari, in forma esplicita e ufficiale, si è schierato con un gruppetto di lavoratrici sponsorizzate dalla Cgil. E ha lasciato campo libero all’assemblea di istituto di sala Tricolore.

Notiamo il silenzio in casa Pd. Tace Schlein. Tace De Pascale. Tacciono i parlamentari reggiani. Tacciono Mammi e i consiglieri regionali. Nessuno, locali a parte, intende mettere la firma accanto alla più clamorosa fesseria politica commessa dalla sinistra nella recente storia locale.

Sindaco, giunta e staff hanno la comune responsabilità di non essere stati in grado di gestire con intelligenza politica il rapporto con la massima industria reggiana, qui nata e vissuta per 75 anni grazie anche a una visione adulta delle relazioni tra soggetti diversi.

Qualche tifoso sparacchia scemenze sui social, tentando senza alcuna competenza nel merito di attribuire il fallimento dell’operazione agli stessi Maramotti. Sono sempre gli stessi: quelli ingannati dal comunismo, quelli ostili per ideologia alla cultura d’impresa, quelli che credono che i soldi crescano sotto i cavoli, quelli del reddito di cittadinanza, quelli che odiano i padroni perché alla fine sono sempre loro i cattivi. Quelli che vorrebbero la redistribuzione della ricchezza senza nemmeno avere studiato non dico Marx, ma neanche Topolino.

Con questa giunta, Reggio balza indietro di mezzo secolo. Ne avremmo fatto a meno.




There are 4 comments

Partecipa anche tu
  1. Ilarione Lupatoto

    Sarò nostalgico di quella Reggio “città a misura d’uomo” che cittadini di altre città metropolitane invidiavano, ne ho avuto la conferma anni fa viaggiando per lavoro in particolare a Milano. Ma se dobbiamo ringraziare i Maramotti per la stazione medio-padana, con il conseguente afflusso di utenti da fuori provincia che a Reggio portano aumento di traffico, inquinamento per gas di scarico delle loro auto, guadagni al bar della stazione e al gestore del parcheggio, io, da abitante nella zona, ne avrei fatto a meno. Scontato che il Sindaco è la dimostrazione del dilettantismo che c’è in politica: pensiamo al percorso inverso, ovvero se un politico di lunga carriera improvvisamente fosse dirottato a fare il primario in un ospedale, sarebbe assurdo e pericoloso. Tuttavia penso che i Maramotti, non agiscano per beneficienza per la città, ma, giustamente, per i loro interessi. Sarà perché non mi allineo con quelli che considerano le “menti geniali” della nostra epoca coloro che hanno accumulato ingenti capitali, diventando di fatto padroni del mondo, non vorrei che Reggio fosse nota, oltre come la località che ospita il “campovolo”, la località sede dello stadio del Sassuolo calcio, anche come la “Maramotti city”.

  2. Gillo

    se per quanto riguarda il merito della giunta sono d’accordo con lei al 100%, Direttore, non altrettanto posso dire sulla posizione della famiglia maramotti.
    nessuno mette in dubbio la storia imprenditoriale di successo e i meriti del gruppo e delle aziende in questione nei confronti della città e del territorio, ma come ha ricordato anche lei, si è sempre trattato di un do ut des.
    qualsiasi impresa il gruppo abbia mai voluto intraprendere, le amministrazioni che si sono succedute han sempre fatto ponti d’oro, anche chiudendo uno o due occhi nel caso.
    questa volta il comune non ha saputo gestire politicamente, per inettitudine ed inesperienza, una situazione non semplicissima, e c’è stata una reazione dell’azienda.
    che però francamente non è commisurata a quanto accaduto, vista l’importanza dell’investimento anche da lei sottolineata.
    le parlo non, come dice lei, obnubilato dal comunismo. l’utilizzo retorico di una reductio ad hitlerum come questa non le fa onore, sa fare molto di meglio.
    in un’azienda, e neppure piccola, ci lavoro. e un investimento del genere, anche per un ente con le possibilità del gruppo maramotti, non si cancella con un colpo di spugna dopo un mese da una presentazione in pompa magna, almeno non se l’azienda è gestita in maniera lungimirante come credo (e spero) max mara.
    essendosi luigi maramotti esposto in maniera così netta (decisione “irrevocabile”), le opzioni sul tavolo rimangono due: o una decisione dettata da un momento di rabbia (e come ho già scritto, non è una cosa che penso, sarebbe un comportamento molto poco adulto), o una decisione maturata da tempo che aspettava solamente un qualsiasi appiglio per implementare una frettolosa exit strategy.
    un ultimo appunto: da quanto ne so l’applicazione dei contratti nazionali non è specialità del gruppo maramotti. non è la richiesta di espropri proletari, non èquestione di buoni o cattivi, non è nemmeno questione di marx o topolino. è rispetto delle leggi. e nemmeno gli innegabili meriti della famiglia maramotti la mettono al di sopra della legge.
    quelle stesse leggi che permettono a international fashion trading, la finanziaria della famiglia in lussemburgo, di esistere.

  3. Orbàn Mila

    Può darsi che il direttore abbia ragione, ci mancherebbe. Crediamo soltanto che quando si parla di lavoro (tradotto: fatica, sudore e imprecazioni) in tanti esperti nel pontificarte dovrebbero prima pulirsi la bocca.

  4. kursk

    se andiamo indietro di mezzo secolo, finiamo nel periodo in cui le giunte cosacco-comuniste tutto permettevano alla famiglia Maramotti (per fortuna, intendo…)
    Quindi non vedo la discontinuita’…..questa Giunta e’ solo analfabeta dal punto di vista politico-economico (sicura, aggravante)


Post a new comment