Serve un “lavoro culturale” a lungo termine

Gentile Andrea Costa, sostenere che “discutere di un assessorato alla cultura è un pochino come guardare al dito che indica alla luna” mi pare già, non solo un pochino, una scelta di politica culturale chiara, che io non condivido. Ma ringrazio per le parole di stima e ti tranquillizzo: ho colto il messaggio della tua lettera.

“Recuperare la capacità di fare cose insieme, coinvolgendo le persone, aiutandoci l’un l’altro a ricostruire un modo diverso di guardare le cose del mondo”. Ritengo anche io che ciò non possa avvenire “a freddo”, per non ottenere effetti controproducenti, ma che occorra un “lavoro culturale” a lungo termine per “ricostruire un modo di pensare diverso”.

La domanda è come. Ecco: abolendo un assessorato alla cultura? Ciò può avvenire, secondo il Pd, anche in una prossima legislatura? Perché in questa, ammettiamolo, l’atto culturale più importante rischia di essere proprio questo. Non pensa, il Pd, che per fare cultura occorre come minimo qualcuno che se ne occupi? Magari con competenza e continuità?

Parliamo poi di quale lavoro culturale. Affidando anche a qualificati esperti esterni la gestione e la proposta culturale, anche alta – penso alla figlia di Mazzotta e alle mostre di Palazzo Magnani, per esempio – così si recupera la capacità di fare cose insieme e coinvolgere persone? O non è proprio questa idea di cultura “alta” e “glamour” che si importa (si delegano altri di portarci e di venderci, perché qui non esisterebbe più un gruppo pensante come in passato) a risultare di fatto, spesso, una cultura ornamentale, appiccicaticcia?

Mentre un serio lavoro culturale, oggi, per avere valenza civica e formativa deve per forza guardare con forza alla contemporaneità e al sociale? Cosa ce ne facciamo di un’arte e di una cultura che oggi non incide sul sociale e sul nostro modo di pensare ma è solo come una griffe da esibire? Come un passatempo o un diversivo? Come non cogliere che proprio un serio assessorato alla cultura ha avuto da sempre il ruolo di “ponte” e di formazione tra atti culturali e opinione pubblica?

Ma cambiamo argomento. Un obiettivo della prima giunta Delrio era fare rete con il Festival Letteratura di Mantova e il Festival Filosofia di Modena. Obiettivo fallito con Fotografia Europea. Ma anche con Reggionarra, diciamo. È possibile ragionare seriamente, a Reggio, su un Festival internazionale dell’educazione per mettersi in rete coi grandi festival italiani?

Infine, lo ius soli: so bene che il Pd si è battuto per la legge, ma prima lo faceva – con continuità – con il sindaco Pd della città; ora, con meno continuità, solo con il suo segretario. Non mi pare la stessa cosa. Chiedo: perché?