Sant’Anna: 492 detenuti, capienza 369

Il carcere di Sant’Anna, che conta 492 detenuti a fronte di una capienza di 369, soffre di un’ulteriore criticità nella carenza del numero sia del personale di sorveglianza rispetto agli organici definiti sia degli educatori.

A questa si aggiunge che, dalla fine del 2017, manca un direttore assegnato e il ruolo è ricoperto pro tempore dal direttore della Casa di sorveglianza di Castelfranco e la lunga assenza del magistrato di sorveglianza su cui da tempo il Comune di Modena e il Clepa, il Comitato locale per l’area dell’esecuzione penale adulti, hanno sollecitato il ministero della Giustizia. Il dare il quadro della situazione al carcere di Sant’Anna è stata l’assessora al Welfare e Coesione sociale Giuliana Urbelli che ha risposto in Consiglio comunale all’interrogazione sul tema, proposta dalle consigliere del Pd Chiara Susanna Pacchioni e Grazia Baracchi, sottolineando che "resta fermo l’impegno a convocare il Clepa e a sollecitare nuovamente il Ministero perché provveda a superare le criticità".

 
L’interrogazione sulla situazione del carcere, illustrata in aula dalla consigliera Baracchi, metteva in evidenza, oltre al problema del sovraffollamento, "la cronica carenza di educatori penitenziari, ridotti da otto a cinque in pianta organica e, di quei cinque, operativi solo in tre, il più basso rapporto tra educatori e reclusi a livello regionale, con conseguenza ancora più dannose se si considerano le due sezioni speciali, una per reati sessuali e l’altra a custodia attenuata, che necessitano di percorsi di recupero e di trattamento specializzati e intensificati".
 
I numeri che riguardano i detenuti, dettagliati dall’assessora Urbelli, dicono che su 492 persone attualmente in carcere, 289 sono straniere. Le donne sono 32, di cui 15 straniere. Dei detenuti, 189 dichiarano abuso di droghe e 91 di alcool.
 
Nel 2017 la Regione Emilia Romagna e il Comune di Modena, gli enti a cui spettano in particolare la promozione degli interventi volti al recupero e al reinserimento dei carcerati, hanno stanziato a questo scopo complessivamente 110 mila 397 euro (73.913 la Regione, 36.484 il Comune) per realizzare attività volte a migliorare le condizioni di vita interne al carcere e consolidare gli sportelli interni al carcere che, anche attraverso un servizio di mediazione linguistica, gestiscono le informazioni per i nuovi giunti, i detenuti in uscita e sui progetti di rimpatrio volontario assistito.
 
Le attività per migliorare le condizioni di vita sono realizzate da sei associazioni di volontariato: Porta aperta in carcere; Gruppo carcere città; Csi Modena; Uisp Modena; Teatro dei venti; Rinnovamento dello spirito-Cooperativa giorni nuovi. I volontari sostengono i detenuti con l’erogazione di piccoli contributi per i più indigenti, in particolare per l’acquisto di generi alimentari e abbigliamento; attraverso momenti di ascolto e di relazione e i progetti di accoglienza dei familiari e dei bambini in visita a sostegno della genitorialità; seguendo le pratiche amministrative per i detenuti; organizzando attività sportive e teatrali e anche, ha sottolineato l’assessora, garantendo la distribuzione di prodotti per l’igiene per sopperire alla mancata fornitura da parte dell’amministrazione penitenziaria.  
 
Dopo aver chiesto la trasformazione in interpellanza, Marco Cugusi, Art1-Mdp-Per me Modena, ha affermato che "come denunciamo da anni, il carcere non è più un istituto di espiazione e di riabilitazione ma una discarica sociale che raccoglie non solo chi si macchia di reati gravissimi ma anche chi ha commesso piccoli reati contro il patrimonio". Per il consigliere sono inoltre "vergognosi" il numero "ridicolo" degli educatori che vanifica l’aspetto riabilitativo e "gli orari lunghissimi e l’assenza di sicurezze e garanzie per gli agenti di custodia".
 
Per il Pd, Chiara Susanna Pacchioni ha osservato che "il carcere non deve essere una realtà avulsa dalla comunità in cui è collocato. È necessario facilitare, anche attraverso l’istruzione e l’apprendimento di una qualche competenza lavorativa, il reinserimento di queste persone che devono poter svolgere un ruolo nella società per non cadere nella recidiva". Nella replica, Grazia Baracchi ha ribadito l’importanza dei percorsi di rieducazione sottolineando che la carenza del personale di sorveglianza "impedisce ai volontari che entrano in carcere di svolgere il loro compito. Bisogna quindi provare a lavorare tutti insieme per risolvere i problemi".