Morto Arnaldo Forlani, fu leader della Dc

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E’ stato segretario e leader della Democrazia Cristiana, il partito di maggioranza relativa che per oltre quarant’anni ha governato l’Italia. Arnaldo Forlani nasce nelle Marche, a Pesaro, l’8 dicembre 1925. Segretario politico per due mandati, più volte ministro, presidente del Consiglio per meno di un anno, tra il 1980 e il 1981, Forlani ha attraversato tutta la Prima Repubblica, venendo poi travolto dallo scandalo di Mani Pulite, senza riuscire a transitare nella “Seconda”.

I soprannomi e gli epiteti che nel corso del tempo gli sono stati affibbiati si sprecano: il più famoso è “Coniglio mannaro”, comparso sul Giornale di Montanelli a firma Gianfranco Piazzesi. Ma anche “la tigre che dorme” (Congresso DC 1989), “supremamente adattabile” (Financial Times), “manager tranquillo” (The Economist).

Nel passato di Arnaldo Forlani, laureatosi in Giurisprudenza all’Università di Urbino, non è mancata neanche una breve esperienza di calciatore professionista in serie C. Il primo incarico nella DC risale al 1948, quando è responsabile della sezione provinciale di Pesaro. Dopo essere stato consigliere provinciale e comunale, entra nella Direzione nazionale del partito nel 1954. Fa capo alla corrente di Amintore Fanfani.

Nel 1962 è eletto vicesegretario del partito. Sei anni dopo arriva la prima volta da ministro: si occupa delle Partecipazioni statali nell’esecutivo guidato da Mariano Rumor. Dopo una breve esperienza come ministro per i Rapporti con le Nazioni Unite nel governo successivo, sempre a guida Rumor, si dimette per andare a dirigere da segretario la Democrazia cristiana: manterrà la carica sino al 1973, per poi riassumerla dal 1989 all’ottobre 1992. Nel frattempo, è stato ministro della Difesa (1974-1976), degli Esteri (1976-1979), vicepresidente del Consiglio nel governo Craxi tra il 1983 e il 1987, quando diventa l’ultima lettera del “CAF”, l’alleanza politica con il segretario socialista e Andreotti. Tra i suoi allievi, Pier Ferdinando Casini e Marco Follini, due degli eredi più importanti della DC nella “Seconda Repubblica”. L’ex presidente della Camera ha più volte ricordato una massima che ha sempre accostato alla figura di Forlani: “Poteva parlare ore senza dire niente”.

Il 1992 è l’anno della sua caduta, sia come segretario del partito, sia perché sconfitto nel voto parlamentare per la presidenza della Repubblica. Tangentopoli segnerà poi la sua definitiva uscita di scena dalla politica: è tra gli imputati di spicco nel processo per la maxi-tangente Enimont e la sua deposizione, nel corso delle udienze, resterà tra le più celebri per le impietose immagini che lo ritraggono con residui di saliva agli angoli della bocca, mentre risponde alle domande di Antonio Di Pietro alternando frequenti “Non so” ad altrettanto comuni “Non ricordo”.

Viene condannato in via definitiva a 2 anni e 4 mesi di reclusione per finanziamento illecito, pena poi convertita in affidamento in prova ai servizi sociali. È stato il più anziano ex presidente del Consiglio e, tra i capi del governo italiano, il più longevo di sempre.