Modena, la famiglia di un detenuto morto durante la rivolta in carcere del 2020 si oppone all’archiviazione

I familiari di Chouchane Hafedh, uno dei detenuti morti durante la rivolta scoppiata nel marzo del 2020 dentro la casa circondariale modenese Sant’Anna, si sono opposti alla richiesta di archiviazione presentata dalla procura di Modena sulla vicenda. Secondo la magistratura modenese, infatti, otto dei nove decessi (tra cui appunto anche quello di Hafedh) sarebbero sopraggiunti per overdose di metadone e benzodiazepine dopo che i detenuti avevano saccheggiato la farmacia del carcere emiliano.

Per l’avvocato Luca Sebastiani, che assiste la famiglia di Hafedh, “è un atto complesso, frutto di un lavoro lungo e copioso dove abbiamo avuto modo di affrontare ogni singolo aspetto che la procura non ha considerato. Siamo fiduciosi che le nostre perplessità, che sono tante e anche molto rilevanti, possano essere considerate dal giudice per le indagini preliminari”.

Il legale, che comunque ha spiegato di condividere le risultanze investigative sulla causa della morte individuata dai pm modenesi, ci sono però altre questioni: “Oltre al tema della responsabilità omissiva, che andava esplorato con maggiore dovizia come avviene ogni giorno quando tragedie come queste accadono in posti di lavoro, in ospedali o in altre strutture, vi è un tema molto rilevante relativo al ritardo nei soccorsi, così come segnalato dal nostro consulente medico legale specializzato proprio in tossicologia”.