Il piano di recupero delle liste d’attesa in sanità voluto dalla Regione Emilia-Romagna “prosegue a pieno ritmo”, secondo l’assessore regionale alle politiche per la salute Raffaele Donini: i ricoveri chirurgici hanno pressoché raggiunto – con tre mesi di anticipo rispetto al cronoprogramma – l’obiettivo fissato per fine anno, l’assistenza ambulatoriale ha superato il traguardo previsto e l’adesione agli screening oncologici è già tornata ai livelli pre-pandemia.
Sono questi i dati del monitoraggio che la Regione sta svolgendo sull’attività delle aziende sanitarie locali, e anche sulla base di questi numeri nell’ultima seduta di giunta è stato aggiornato il piano operativo regionale, la cui tabella di marcia prevede di tornare ai valori pre-pandemici entro il 2023.
“Dopo due anni durissimi l’Emilia-Romagna è tra le regioni che hanno recuperato più prestazioni arretrate a causa della pandemia”, ha sottolineato Donini, specificando che il monitoraggio emiliano-romagnolo “ha criteri più stringenti rispetto a quelli richiesti dal piano nazionale” e che i dati provvisori per il 2022 “sono in linea con gli obiettivi che avevamo stabilito”.
Il percorso è partito nel secondo semestre del 2020 con l’aumento dei servizi erogati e il monitoraggio costante dei tempi di attesa, su base mensile per le visite ambulatoriali e a cadenza trimestrale per quanto riguarda i ricoveri. Sono tre gli ambiti di intervento su cui si è concentrato il piano: i ricoveri chirurgici programmati, le prestazioni specialistiche ambulatoriali e gli screening oncologici. La Regione ha inviato al Ministero della salute il resoconto relativo alla prima metà dell’anno in corso, ma in molti casi sono già disponibili i dati aggiornati alla prima decade di ottobre.
Sul fronte dei ricoveri chirurgici, l’obiettivo della Regione è quello di chiudere il 2022 con un numero di ricoveri pari al 92% di quelli garantiti nel 2019. Un obiettivo che sembra alla portata: dopo il 76% del 2020 e l’87,6% del 2021, la media a fine luglio scorso era del 91%. Nel caso dei ricoveri le aziende sanitarie devono far fronte anche al recupero dei casi di chirurgia pregressi risalenti allo scorso biennio, che erano stati rinviati nei momenti più acuti della pandemia: ad oggi è stato recuperato il 60% dei ricoveri in sospeso, ma l’obiettivo è quello di arrivare a fine anno a quota 80%.
Per quanto riguarda le prestazioni ambulatoriali i dati dell’Emilia-Romagna sono ancora migliori. Essendo state garantite durante tutto il primo biennio di pandemia le prestazioni urgenti improcrastinabili, quelle oncologiche e quelle di controllo e follow-up per le persone affette da patologia cronica, in questo caso la Regione sta usando come indicatore di performance il rispetto dei tempi previsti per le prestazioni differibili o programmabili, un indice che rappresenta la percentuale dei casi in cui la prima visita specialistica viene garantita entro 30 giorni e un accertamento diagnostico entro 60 giorni.
Prima dell’irrompere del virus Sars-Cov-2 questi tempi erano rispettati nel 97% dei casi, ed è a valori analoghi che la Regione intende tornare entro la fine del 2023. In Emilia-Romagna l’indice di performance per le visite specialistiche era a quota 82% nel primo semestre (dati cumulativi dal primo gennaio al 15 luglio 2022), ma considerando i valori aggiornati delle ultime tre settimane (fino al 9 ottobre) la percentuale è di circa il 90%, molto vicina quindi all’obiettivo di fine anno. Per le prestazioni diagnostiche, invece, l’indice era già all’88% alla data del 15 luglio scorso, ma a ottobre è salito al 95%, superando dunque l’obiettivo del 90% fissato per fine dicembre.
Nel caso delle prestazioni di specialistica ambulatoriale non c’è stato un pregresso da smaltire, perché le aziende sanitarie avevano recuperato tutte le prestazioni sospese nella prima fase pandemica (circa 1.600.000) già entro la fine del 2020.
In Emilia-Romagna è già tornata ai livelli pre-pandemia, infine, l’adesione agli screening oncologici messi a disposizione gratuitamente dal servizio sanitario regionale per la diagnosi precoce e la cura di alcune delle forme più diffuse di tumore: quelli al colon-retto, al collo dell’utero e alla mammella. Secondo i dati aggiornati al 30 giugno scorso (sovrapponibili a quelli dell’epoca pre-Covid) le persone delle rispettive fasce di età che hanno eseguito il test nei tempi raccomandati sono il 71% della popolazione target femminile per lo screening mammario, il 64% per lo screening della cervice uterina e il 52% per lo screening colorettale.
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