Confcooperative Reggio alla politica: “L’emergenza è su equità e giustizia sociale, non solo energetica”

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L’Italia sta affrontando un’emergenza energetica “che ha un’assoluta priorità nell’immediato”, ma “la politica deve uscire dall’inseguimento, tardivo e quasi sempre scarsamente efficace, dei problemi che tempo per tempo investono economia e società, imprese, famiglie, territori e comunità”: è questo il primo richiamo di Confcooperative Reggio ai candidati e alle candidate alle elezioni del prossimo 25 settembre.

Un richiamo duro che nasce dalla denuncia di quella che, secondo la centrale cooperativa emiliana, è la più grave emergenza dal secondo dopoguerra a oggi: quella relativa a equità e giustizia sociale, “che sta amplificando le distanze tra cittadini, genera lacerazioni e divisioni senza precedenti e una conflittualità sempre più evidente tra categorie e persone, tra cittadini e politica, ed è anche il frutto di problemi affrontati senza una visione di futuro”.

“Dobbiamo generare sviluppo e ridurre le possibilità di cadere in nuovi baratri”, ha sottolineato il presidente di Confcooperative Reggio Matteo Caramaschi: “È in questa logica che vanno allora affrontate le grandi questioni che attengono i giovani (smarrimento, disagio), la sanità (mancanza di medici e infermieri, spreco di risorse, grandi gap tra territori), la scuola (decadimento di strutture, disallineamento rispetto a bisogni e attese), il territorio (tutela, valorizzazione di tutte le risorse, disparità evidente di opportunità tra aree urbane e aree interne) e la distanza, pagata dai cittadini, tra Regioni e Comuni virtuosi e realtà inefficienti nel rapporto costi/benefici su tutte le attività di servizio e le infrastrutture locali”.

Nelle parole di Caramaschi compare anche una recriminazione più specifica: “C’è un vero e proprio tradimento del dettato costituzionale che va rimosso, quello che vede la cooperazione trattata peggio di altre forme d’impresa. Sono emblematiche l’esclusione delle cooperative dalle forme organizzative ammesse nell’ambito della riforma della legislazione sportiva e la costante mortificazione della cooperazione di lavoro, quando la Costituzione, all’articolo 45, non solo ne riconosce la funzione sociale, ma testualmente dispone che “la legge ne promuove e favorisce l’incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità”.

Un j’accuse e uno scatto d’orgoglio che ha portato Confcooperative Reggio a chiedere interventi legislativi che consentano all’impresa cooperativa “di ritrovare, nelle norme e nelle pratiche amministrative, il riconoscimento pieno della sua natura e della sua funzione con uno status che le consenta di esercitare concretamente la natura mutualistica e la funzione sociale che la Costituzione le riconosce con esclusività”.

“La nostra – ha precisato Caramaschi – non è una rivendicazione di categoria, e non solo perché la cooperazione è trasversalmente presente in tutti i settori produttivi e di servizio, ma perché la drammatica emergenza che stiamo vivendo su equità e giustizia sociale deve essere affrontata sostenendo quei principi di mutualità, di partecipazione dei lavoratori alla proprietà dei mezzi di produzione, di democrazia reale (una testa, un voto), di equità nella capitalizzazione e nella distribuzione della ricchezza che sono propri della cooperazione più autentica. I territori, il Paese e il mondo hanno un bisogno urgente, in questa fase storica, della mutualità e della solidarietà economica che la cooperativa esprime per natura e statuto”.

Il documento di Confcooperative parte da un richiamo alle grandi emergenze dell’Italia, con affondi anche molto netti su quella energetica: emergenza favorita, secondo la centrale cooperativa, “anche da politiche che hanno generato forme di pubblicizzazione orientate a riscuotere dal mercato i dividendi delle grandi compagnie partecipate e delle multiutility, piuttosto che alla tutela dei cittadini/consumatori”. Duro anche il richiamo sul tema di un lavoro “precarizzato, caporalizzato impunemente, che sconta gli effetti di bandi e commesse al massimo ribasso e il cui valore individuale e sociale, anziché incentivato, è stato sostituito da interventi che aumentano la divaricazione tra domanda e offerta ed è stato svilito da procedure e affidamenti che non valorizzano il patrimonio rappresentato dalle imprese legate al territorio”.

Ed è proprio su tutti questi temi, secondo la centrale cooperativa, “che si è innestata la più grave emergenza su equità e giustizia sociale, emblematicamente segnata, per esempio, dalla distanza tra chi specula sull’energia, chi può non preoccuparsi degli aumenti e la stragrande maggioranza di imprese e persone che faticano o non riescono a sostenerne i costi”.

Uscire dalla logica emergenziale, per Confcooperative, significa innanzitutto rispondere ad alcune domande fondamentali: “Vogliamo cittadini capaci e reattivi o più assistiti e passivi? Quale tipo di risposta tra pubblica, privata o mista si pensa per assicurare diritti fondamentali quali istruzione, salute e welfare? Quale impresa si intende mettere al centro delle politiche di sviluppo e del lavoro? Quali politiche fiscali saranno adottate per tenere insieme giustizia sociale, equità e fabbisogno statale su opere e servizi?”.

Il documento di Confcooperative affronta poi quattro temi specifici: la questione energetica (sostegni economici nell’immediato a famiglie e imprese, disallineamento dei prezzi tra rinnovabili ed energia da fonti esauribili, investimento su tutte le risorse rinnovabili come sole, acqua, foreste e idrogeno), lo sviluppo di tutti i territori (con l’inversione della tendenza alla concentrazione di attività e servizi nei centri urbani, “che ha drammaticamente impoverito di opportunità e servizi altre parti del territorio”), la terra e i suoi prodotti (favorendo cooperazione e progetti di filiera, “attenti alla multifunzionalità dell’agricoltura e soprattutto alle arre entro le quali il primario è motore di diverse economie e presidio del territorio”) e la salute.

Sul tema della sanità, in particolare, Confcooperative ha rilanciato la proposta di un sistema ospedaliero che si contrapponga al modello attuale: “Va ribaltato il quadro che si va affermando, puntando non a un ospedale più grande con tutte le funzioni e piccole strutture decentrate con singole specializzazioni, ma a una rete di ospedali capaci ciascuno di tutte le funzioni di base, oltre a qualche specializzazione al servizio di tutti”.

In campo Confcooperative torna a mettere il sostegno alla medicina di base (favorendo anche la cooperazione tra professioni interessate) e il richiamo alla Regione Emilia-Romagna “per il mantenimento, la valorizzazione e il ripristino di tutte le funzionalità degli ospedali territoriali, compresi i punti nascita”.