Una recente analisi della Camera di commercio ha confermato la provincia reggiana come vera e propria terra di cooperazione. Al 31 dicembre scorso, infatti, risultavano attive 926 cooperative, l’1,7% del totale delle imprese operanti nel territorio provinciale: a una quota di imprese complessivamente contenuta, tuttavia, corrisponde un numero di occupati che nel 2020 si è attestato a quota 45.936 unità, pari a quasi il 19% di tutta la forza lavoro della provincia reggiana.
Cifre che, secondo il presidente di Confcooperative Reggio Matteo Caramaschi, “confermano in modo evidente la priorità che in questi anni le imprese cooperative del nostro territorio hanno assegnato allo sviluppo e alla tutela del lavoro; un risultato straordinario, con un dato di crescita nel 2020 (+1%) e che si colloca in netta controtendenza rispetto al calo a cui si è assistito a livello regionale (-3,9%), ma che richiede di essere tutelato e rafforzato da azioni pubbliche senza le quali non solo sarà irripetibile, ma rischia di essere eroso dalle conseguenze dei perduranti effetti della pandemia”.
“Siamo orgogliosi – ha spiegato Caramaschi – dei risultati ottenuti dalla cooperazione sul fronte del lavoro e sul mantenimento della qualità e dell’intensità dei servizi alle persone anche in una situazione difficilissima come quella che stiamo vivendo; non possiamo però dimenticare che questi esiti si sono legati, in massima parte, ai sacrifici fatti dalle imprese e dai loro soci proprio e soprattutto nei comparti a più alta intensità di lavoro, dove tanto le attività con il pubblico che con il privato non hanno neppure compensato gli aumenti legati ai contratti di lavoro nazionali e la pandemia ha determinato effetti aggiuntivi pesantissimi sull’aumento dei costi e sulla diminuzione dei ricavi”.
Questo significa, per il presidente reggiano di Confcooperative, “che si sono ridotti i margini d’impresa a favore del lavoro e si sono limitate le possibilità di investimento, cosa che nel tempo rischia di minare la sostenibilità dell’impresa, a maggior ragione in presenza di elementi di straordinaria crisi come quelli indotti dalla pandemia”.
L’obiettivo, ha sottolineato Caramaschi, “resta quello di una tutela del lavoro che corrisponda, però, a uno sviluppo d’impresa che oggi è certamente minacciato dalla pandemia, specie nei servizi alla persona, nella ristorazione, nello sport e nella cultura, nel commercio e nel turismo, ma anche dal persistere di relazioni contrattuali con il pubblico e con tanta parte del privato (con riferimento, anche in questo caso, ai servizi socio-assistenziali, educativi e ai servizi alle imprese) che sono giocati al ribasso rispetto alle competenze espresse dalla cooperazione e al reale costo del lavoro”.
Per questo, ha concluso il presidente di Confcooperative Reggio, “chiediamo non solo sostegni adeguati per i comparti più colpiti dalla pandemia, ma interventi più decisi sugli appalti pubblici e sulle commesse private per consentire di dare valore a quel lavoro in cooperativa che è stato tutelato ed è aumentato quasi esclusivamente a costo di sacrifici”.
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bastava essere italiano per essere infoibato (non comunista o meno)....furono infoibati anche molti partigiani comunisti che avevano combattuto fino a poco prima nella fila dei
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