Resa Amato: leva sul suo senso religioso

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Il giorno dopo il sequestro alle poste di Pieve Modolena, che ha tenuto con il fiato sospeso non solo Reggio Emilia, ma l’Italia intera, è ritornata la tranquillità.

Francesco Amato, 55 anni, condannato in primo grado a 19 anni e un mese nel processo sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta in Emilia, è in stato di fermo. Mentre i cinque ostaggi, liberati alle 16.45 circa del pomeriggio di lunedì, dopo 8 ore di prigionia, stanno tutti bene.

Ecco come dopo una lunga trattativa i carabinieri hanno spiegato di avere convinto il sequestratore a mollare, ad arrendersi.

E’ stato il comandante legione carabinieri dell’Emilia-Romagna, generale Claudio Domizi, a commentare l’esito positivo alla conclusione dell’operazione: “Abbiamo agito anche sui suoi asseriti sentimenti religiosi. E su questo abbiamo fatto leva per poterlo convincere. Inducendolo a pensare anche alle famiglie degli ostaggi facendogli presente che con questa iniziativa non avrebbe risolto i suoi problemi”.

LUNEDI’ 5 –  DOPO 8 ORE LIBERATI GLI OSTAGGI: STANNO BENE –  Dopo una lunga trattativa condotta con la negoziazione dei carabinieri, verso le 16.45 del pomeriggio di lunedì 5 novembre, Francesco Amato, che da questa mattina teneva in ostaggio quattro persone in un ufficio postale, si è arreso e così è stato bloccato e portato fuori dai locali delle Poste di Pieve Modolena, villa alla periferia di Reggio Emilia. Poco prima aveva rilasciato due ostaggi. Alla vista dei militari che portavano fuori il condannato di Aemilia, c’è stato un applauso delle persone presenti. Non sono ancora chiare le circostanze dell’intervento e se l’uomo si sia arreso spontaneamente.

Mentre sono tutti incolumi i quattro tenuti in ostaggio per ore nell’ufficio postale di Pieve Modolena (Reggio Emilia) da Francesco Amato (condannato nel processo Aemilia a 19 anni e un mese di reclusione) e liberate dal blitz dei carabinieri. Il sequestratore viene portato in caserma. Inizialmente gli ostaggi erano cinque, ma una cassiera di 54 anni era stata rilasciata quando si era sentita male ed era stata soccorsa dal 118.

LA CRONACA DEL SEQUESTRO – Si vivono ore di paura e angoscia (dalle 8.30 di questa mattina di lunedì 5 novembre) all’ufficio postale di Pieve Modolena, villa alla prima periferia di Reggio sulla via Emilia (direzione Parma), da quando un uomo, Francesco Amato, 55 anni, si è barricato all’interno, dove erano presenti 5 impiegati e 7 clienti.

L’uomo, condannato in primo grado a 19 anni e un mese di carcere nel processo contro le infiltrazioni di ‘ndrangheta in Emilia, armato di coltello, ha rilasciato i clienti per trattenere all’interno dei locali 5 funzionari (una donna è stata liberata dopo alcune ore) delle poste compresa la direttrice. La via Emilia (via Fratelli Cervi) è stata chiusa da polizia e carabinieri, così come altre strade nel quartiere.

Francesco Amato, appena dopo la sentenza del processo, si era reso irreperibile. Per lui era stato disposto il carcere. Dal 31 di ottobre era ricercato attivamente dai carabinieri di Piacenza.

Davanti all’ufficio postale di Pieve Modolena è giunto anche il procuratore capo e pm del processo Aemilia, Marco Mescolini. Nelle immediate vicinanze della zona transennata dalle forze dell’ordine stazionano anche persone incuriosite dal via e vai degli agenti.

A Pieve Modolena è  poi arrivato un negoziatore dei carabinieri. Mentre Francesco Amato ha avanzato alcune richieste. La prima fatta dal sequestratore è stata quella di potere parlare con il ministro dell’Interno e vicepremier Matteo Salvini.
Francesco Amato utilizza per dialogare con le forze dell’ordine una dipendente delle Poste. E in caso di irruzione dei militari ha fatto sapere di essere disposto ad accoltellare uno degli ostaggi.

Dopo un paio d’ore uno dei cinque ostaggi, una donna, è stata fatta uscire dalla filiale. Appena fuori dalla porta l’impiegata ha avuto un mancamento ed è stata soccorsa dal personale del 118.

Fervono ancora le trattative. E il sequestratore Francesco Amato, che stando agli investigatori non sembra in uno stato molto lucido, ha ulteriormente “chiesto di parlare con dei politici sulla condanna, a suo dire ingiusta”, in quanto lui sarebbe “sì un delinquente, ma un delinquente onesto, non mafioso”.

La testimonianza di un ostaggio. “Siamo chiusi dentro. Il signor Amato vuole parlare con Salvini. Lo vedo. Sono all’interno, il signor Amato sta parlando: vuole Salvini. Parla con i Carabinieri, con noi. Ha un coltello in mano. Io lavoro qui; siamo in quattro. Il signore è qui da parecchie ore. Ha detto che se apriamo la porta qualcuno fa una brutta fine e quindi siamo trincerati dentro”. Così uno degli ostaggi, un’impiegata dell’ufficio postale di Pieve Modolena frazione di Reggio Emilia, intervistata da Marco Sabene del Giornale Radio Rai.

Gli ostaggi. Gli ostaggi sono tre donne e un uomo. Si tratta della direttrice dell’ufficio postale Manuela Montanari, 53 anni e delle colleghe Marisa Boselli, 44 anni, e Annamaria Melito, 49. Assieme a loro anche un impiegato, Massimo Maini di 53 anni.

Sul posto anche il sindaco di Reggio Emilia Vecchi che assiste in prima persona alle trattative: “Auspichiamo la migliore soluzione”, ha commentato il primo cittadino.

Il fratello: protesta contro la condanna. Un’azione dimostrativa contro una condanna ingiusta. Sarebbe questo il motivo che ha spinto Francesco Amato a entrare armato di coltello in ufficio postale alle porte di Reggio Emilia e a prendere in ostaggio cinque donne, quattro dipendenti e la direttrice. Lo ha spiegato un fratello di Amato, giunto sul posto, durante le trattative con le forze dell’ordine. Si tratta di un familiare che non è stato imputato nel processo Aemilia.
Nel frattempo una delle donne, una cassiera di 54 anni, è stata fatta uscire, perché stava male. Amato era cliente dell’ufficio postale, andava a pagare le bollette, lo conoscevano anche a causa di una menomazione fisica che ha a una mano.

I parenti del sequestratore: non è cattivo. “Mio zio non è una persona cattiva. Mi dispiace per le povere persone lì dentro. Lo sta facendo perchè pensa di aver avuto una condanna ingiusta. Non è colpevole, lo ha fatto perchè è innocente”.
Così la nipote di Francesco Amato, ha parlato, fuori dall’ufficio postale di Pieve Modolena del gesto del parente.
“Lui non fa male a nessuno, vuole solo giustizia. Lui è invalido dalla mano destra: 19 anni di galera è chiaro che il sangue bolle. Non sapevamo nulla di quello che avrebbe fatto, ma non è cattivo”, ha detto invece il cognato dell’imputato condannato per Aemilia.