Zaki, il processo infinito: in Egitto nuovo rinvio al 29 novembre

Patrick Zaki videocollegamento

Martedì 27 settembre si è conclusa con l’ennesimo rinvio – questa volta al 29 novembre – la settima udienza del processo a carico di Patrick Zaki, il giovane ricercatore egiziano dell’Università di Bologna accusato di “diffusione di notizie false dentro e fuori il paese” per un articolo giornalistico del 2019 (“Displacement, Killing & Harassment: A Week in the Diaries of Egypt’s Copts”) relativo alla situazione della minoranza cristiana copta in Egitto.

“Nulla di nuovo. È solo un nuovo rinvio”, ha detto lo stesso Zaki parlando con la stampa davanti al palazzo di giustizia di Mansura, precisando che l’udienza è durata solo pochi secondi: “Siamo nel ciclo del rinviare, e rinviare, e rinviare”, di cui “non sappiamo i motivi. Oggi abbiamo fatto presente al giudice che volevamo presentare la nostra difesa”, ma “non ce ne hanno dato l’opportunità, come ogni volta. Aspettiamo, anche se non sappiamo i motivi che ci sono dietro il rinvio: vedremo. Mi chiedono sempre la carta d’identità, do la carta d’identità, vanno in camera di consiglio e poi escono con la decisione”.

L’attivista per i diritti umani e di genere è stato scarcerato l’8 dicembre del 2021 dopo 22 mesi di detenzione preventiva ininterrotta nel suo paese d’origine, ma essendo in attesa di giudizio non può ancora tornare in Italia per un divieto di espatrio a suo carico: dovrà dunque prima passare attraverso le restanti fasi del processo senza la possibilità, almeno per il momento, di poter lasciare il paese nordafricano, dove risiede ormai da nove mesi – e dove, alla luce dell’ultima decisione del tribunale, dovrà passare quanto meno anche i prossimi 60 giorni.

“Già troppe volte abbiamo vissuto questo momento”, ha commentato il rettore dell’Università di Bologna Giovanni Molari: “Ogni rinvio rinnova l’angoscia di Patrick e la nostra, e ritarda il suo ritorno tra noi. Auguriamo a Patrick di conservare la forza e la lucidità che gli hanno consentito di sopportare questo quotidiano stato di incertezza. Sappia che tutta l’Alma Mater è al suo fianco nel sostenerlo, perché torni a godere dei suoi diritti di studente e sia finalmente riaccolto nella comunità universitaria che ogni giorno sente la sua mancanza”.

“Siamo profondamente amareggiati”, ha aggiunto il delegato dell’ateneo per studenti e studentesse Federico Condello, “perché è un’ingiustizia che si reitera e perché sappiamo che Patrick è duramente provato da questa perenne dilazione. Dobbiamo essergli grati per la lezione di resistenza che costantemente ci impartisce e per i valori che non ha mai smesso di difendere e di testimoniare, e dobbiamo continuare a fargli sentire la nostra presenza e la nostra vigilanza. Lo faremo insieme alle istituzioni e alle associazioni che sono sempre state al fianco dell’Alma Mater nel nome di Patrick. E non smettiamo per un istante di credere che tornerà presto nella sua Bologna”.