Altri libertini non è ancora stato sequestrato, anzi è appena uscito nelle librerie, e il giornalista Alberto Guarnieri, che lo ha già letto, invita Pier per un servizio in esterno. È ancora il tempo di un giornalismo che vuole approfondire la cronaca e la società. Quindi un’intervista, anche in una tv locale, deve reggersi su un’idea, una sceneggiatura.
Guarnieri chiede a Pier dove girarlo, questo servizio, e insieme concordano per il posto ristoro della stazione ferroviaria, luogo in cui si svolge la maggior parte degli eventi dell’omonimo racconto che apre Altri libertini. Il giornalista vorrebbe mostrarli al pubblico, questi giovani libertini, così Pier mi chiama e mi chiede di partecipare all’intervista.
È la sera del primo marzo 1980. Il posto ristoro ferroviario ha quella luce patibolare che ci fa pensare all’iperrealismo americano. Pier parla del testo senza apparente imbarazzo: per noi, allora, era del tutto normale che il protagonista di un racconto si facesse di eroina. Ci sentivamo alternativi alla società tradizionale ed eravamo imbevuti di cultura hippie. Farsi una canna non era drogarsi, era un’abitudine come un’altra. L’eroina no, quella metteva paura. Ma con Pier ci siamo fatti un sacco di fumate letterarie.
(continua)
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