Scontro in auto a Viano, la vittima 92enne è don Alberto Rabitti

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La Chiesa reggiano-guastallese ha perso un altro sacerdote, il sesto, in questo gennaio 2021 listato a lutto, stavolta in circostanze improvvise quanto drammatiche. Solo nella mattina odierna infatti si è diffusa la notizia che l’uomo novantaduenne rimasto ucciso nel grave incidente stradale verificatosi nel pomeriggio di martedì 26 in località Gargola, nel comune di Viano, è monsignor Alberto Rabitti. Il presbitero abitava da solo a Reggio Emilia e negli ultimi anni era cappellano festivo delle Suore del Buon Pastore.

Secondo di cinque fratelli – il quartogenito è monsignor Paolo, arcivescovo emerito di Ferrara-Comacchio – Alberto Rabitti nacque a Sabbione il 3 novembre 1928 e trascorse l’infanzia a Castellarano e Sassuolo, discepolo di don Giuseppe Reverberi, uno dei presbiteri a cui si deve la sua vocazione al sacerdozio. Frequentò come allievo il Seminario a Marola e Albinea, quindi di nuovo a Marola come alunno teologo e prefetto; negli anni del ginnasio fu compagno del futuro beato Rolando Rivi. Aveva 15 anni quando venne ucciso don Giuseppe Iemmi. Rabitti era sfollato a Felina con la famiglia, accolto nella casa nativa di don Sergio Pignedoli; aveva così potuto seguire tutto il dramma vissuto dal venticinquenne curato del luogo, ascoltare, servendogli Messa, la famosa predica della Pasqua del 1° aprile 1945 ed accoglierne non poche confidenze che sono poi confluite nella sua biografia, alla quale don Alberto ha fornito apporti e testimonianze di sostanziale spessore.

Nel giorno dell’uccisione, insieme a Raimondo Zanelli e Meo Ferrari era salito alla Fosola per cercare il cadavere di don Iemmi: un’esperienza che aveva segnato un solco e una direzione alla sua scelta di diventare prete.

Anche l’essere stato accolto dal futuro cardinale Pignedoli ed essere entrato nella sua amicizia avevano dato sostegno alla sua formazione sacerdotale, compreso un notevole rafforzamento della sua voglia di studiare. Gliene era rimasta quell’impronta culturale che ha poi contraddistinto la sua vita di prete-educatore, insegnante e dirigente scolastico. Una voglia che anche ultimamente si esprimeva con il continuo aggiornamento culturale, ben visibile nel suo appartamento di Marola, ridondante delle ultime uscite librarie che volentieri condivideva con gli amici: in questo “buen retiro” per la bella stagione monsignor Rabitti continuava a manifestare lo spirito di accoglienza già sperimentato a Felina alla scuola di don Pignedoli e di don Artemio Zanni.

Don Alberto Rabitti aveva ricevuto l’ordinazione presbiterale dal vescovo Socche il 6 luglio 1952, mentre era parrocchiano dello zio don Emanuele Rabitti a San Martino di Correggio. Fu vicario cooperatore a Campolungo (1952-1953), San Zenone (1953-1955), proprefetto del Battistero (1953-1954), vicario economo a Budrio (1955), vicario cooperatore a Massenzatico (1955-1956) e a San Valentino (1956-1964).

Laureato in Scienze Umane, Storia e Filosofia, con abilitazione in Psicologia, tra il 1972 e il 1985 il professor Rabitti fu insegnante di storia e filosofia in varie scuole della provincia; successivamente, dal 1985 al 1994, ricoprì l’ufficio di preside nelle scuole di Castelnovo ne’ Monti, Reggio Emilia (Liceo Moro), Guastalla (Liceo), Scandiano (“Gobetti”) poi, dopo un anno di servizio a Trapani, ancora a Castelnovo ne’ Monti dal 1993 al 1995.

Don Rabitti fu inoltre docente di lettere presso il Collegio dei Padri Serviti a Dinazzano (1963-1965), assistente alle forze armate di Reggio Emilia (1964-1965) e dal 1965 al 1972 tornò al Seminario di Marola come insegnante, educatore e poi vicerettore. Nel frattempo venne nominato vicario economo a Succiso e Miscoso (1965-1966), vicario sostituto a Cerredolo di Toano (1967), vicario economo a Camporella (1967) e a Piagnolo (1967-1972), vicario cooperatore a Felina (1973) e a Pianzano (1974-1977); qui rimase come amministratore parrocchiale fino al 1990.

Monsignor Alberto Rabitti è stato un osservatore attento delle persone, abile ad intuirne l’animo alle prime battute della conversazione, e poi capace di amicizia profonda e duratura. E così, come preside, nonostante le apparenze di una certa austera severità, ha saputo entrare in relazione con molti giovani, accettandone, nei giusti contesti – come ad esempio le gite scolastiche – anche scherzi che prendeva con bonaria serenità e trasformava in approfondimento dei rapporti personali e in consolidamento dell’esperienza formativa.
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