Confcommercio: la crisi energetica frena la ripresa di Reggio

H&M piazza del Monte Reggio

Nel corso dei primissimi giorni di aprile Confcommercio-Imprese per l’Italia Reggio Emilia ha effettuato un sondaggio presso i propri associati per raccogliere le indicazioni sull’andamento economico del primo trimestre 2022 nell’economia del commercio, del turismo e dei servizi reggiana.

Il mese di marzo si è chiuso in linea con lo stesso mese dello scorso anno per il 31% delle imprese che hanno risposto al sondaggio, in crescita per il 26% e in calo per il 43% di esse. L’intero primo trimestre 2022 si è chiuso in linea col primo trimestre 2021 per il 33% delle imprese che hanno partecipato al sondaggio, in crescita per il 25% e in calo per il 42% di esse. Il primo trimestre 2022 paragonato allo stesso trimestre del 2019 (pre-pandemia) segna invece un calo per il 50% delle imprese che hanno partecipato al sondaggio, indicando pertanto difficoltà nella ripresa a causa degli elementi di criticità ancora presenti, come emerge anche dai dati illustrati più sotto. Le aspettative sui volumi di affari sono di un aumento per il 24% delle imprese che hanno partecipato al sondaggio, di stabilità per il 30% e di un calo per il 46% di esse.

«Si tratta purtroppo -commenta Davide Massarini, presidente di Confcommercio Reggio Emilia- di dati non del tutto confortanti anche nelle positività, dato che il confronto è col 2021 quando erano ancora in vigore delle restrizioni, comprese alcune tipologie di attività che nel primo trimestre 2021 erano chiuse per decreto».

Permangono le difficoltà nel reperire personale, elemento che trova conferma anche negli studi della nostra Camera di commercio, per quasi tutte le imprese che devono assumere e permangono le difficoltà, che riguardano il 50% delle imprese che hanno risposto al sondaggio, nel reperire prodotti da loro commercializzati.

Per quanto riguarda il mercato energetico, il 17% delle imprese che hanno risposto al sondaggio ha cambiato fornitore di energia nel primo trimestre e il 16% sta valutando di farlo. Queste scelte sono orientate, ovviamente, alla ricerca delle migliori condizioni possibili, visto l’aumento dei costi energetici, subìto dal 91% delle imprese che hanno risposto al sondaggio. Per la maggior parte di esse, il 70%, questi aumenti sono stati fino al 20%. Soltanto il 63% delle imprese che hanno partecipato al sondaggio, tuttavia, ha aumentato i propri prezzi al pubblico, mentre nel 37% dei casi almeno per ora gli aumenti dei costi energetici sono stati assorbiti dalle imprese senza farli ricadere sul cliente finale.

«Come rilevato dall’Ufficio studi nazionale di Confcommercio -spiega Davide Massarini- le famiglie italiane hanno già ridotto drasticamente i consumi in particolare per turismo e cultura a causa della pandemia e saranno proprio turismo e cultura i settori che più risentiranno ora degli effetti del conflitto in Ucraina e del caro energia. Occorre un’operazione fiducia per le imprese attraverso l’aumento dei fondi emergenziali e la proroga delle moratorie bancarie e fiscali. Ma occorre farlo subito perché il sistema imprenditoriale non può reggere una situazione di crisi continua».

«Tutti noi -conclude Davide Massarini- siamo ben consapevoli che la pace è la precondizione per il rispetto della vita, dei diritti umani, della democrazia e della libertà ed è per questo motivo che auspichiamo un accordo di pace al più presto. Accordo di pace che è anche precondizione per la ripresa economica anche delle imprese della nostra provincia».