Patto contro le nuove povertà, Confcooperative Reggio: “Una promessa, una memoria e una visione”

gruppo

Martedì 18 maggio al Tecnopolo di Reggio venticinque soggetti tra associazioni datoriali e sindacali, terzo settore, enti di formazione e fondazioni hanno definito e sottoscritto il Patto di contrasto alle nuove povertà, promosso dall’amministrazione comunale e in linea con il Patto per il lavoro e per il clima (definito nei mesi scorsi dalla Regione Emilia-Romagna) e con l’Agenda 2030.

Tra i sottoscrittori del protocollo per il contrasto alle povertà e alle nuove vulnerabilità sociali ed economiche figura anche Confcooperative Reggio, che lo ha definito “una tappa di particolare rilievo del nostro percorso territoriale dopo il Covid-19”.

Il senso del protocollo, ha sintetizzato il direttore dell’associazione Giovanni Teneggi, è riassumibile in tre parole chiave: “È il rispetto di una promessa, una memoria necessaria e una visione urgente sul nostro futuro territoriale. La promessa è quella che la città, tutta insieme, si è reciprocamente fatta nei giorni più bui e duri della pandemia. Anche a Reggio, malgrado ogni sforzo, abbiamo avuto paura e sentito una vulnerabilità collettiva nuova. Mancavano mascherine, i posti di terapia intensiva erano tutti occupati, l’incertezza sul domani più prossimo molto forte”.

In quei giorni, ha sottolineato Teneggi, “ricordiamo distintamente un incontro con il sindaco Luca Vecchi ai Chiostri di San Pietro, senza toccarci, a distanza e con i soli occhi a sottoscrivere quell’impegno: ci siamo detti che la resistenza straordinaria richiesta a tutti singolarmente si poteva reggere solo insieme. Solo con l’impegno che nessuno, passata la notte, sarebbe stato dimenticato. Qui si parla di persone e famiglie. Qui si parla anche di piccole e micro imprese che si sono reinventate per ciò che serviva in quei giorni. Qui si parla di servizi a bambini, anziani e alle persone più fragili che, presa sul serio questa promessa, non hanno mancato un giorno a ciò che era loro chiesto in difesa della comunità di tutti. È bastata la consegna dei buoni spesa alle famiglie in difficoltà per scoprire che la città è più grande di quanto pensavamo, rivelando tante e tanti ancora non considerati nel loro stato quotidiano di bisogno. Quello sforzo straordinario non è qui a riscuotere paga per quei giorni, ma fiducia per quelli a venire”.

La memoria, invece, “è quella di una terra, la nostra, che conosce quanto il cooperare sia necessario a una vita felice, buona e per bene. Cooperare è l’intelligenza di chi, prima ancora che ne sia percepita l’urgenza sociale o l’obbligo normativo, sa che per vivere bene su un territorio occorre guardarsi attorno, riconoscersi l’un l’altro, mettere insieme gli obiettivi prima che i mezzi, essere comunità di destino prima che di interesse. Cooperare non è una forma di impresa, è un modo di stare al mondo, sapendo che è impossibile farlo da soli. Reggio, in corsa, rischia di perdere questo carattere, e chi non sente l’urgenza di un allarme e un progetto chiaro mente, impaurito dalle responsabilità che comporta o smemorato degli insegnamenti della storia”.

La visione, infine: per Teneggi “è ciò che dobbiamo vedere insieme, condividere e credere. A Reggio dobbiamo dire e praticare senza riserve che la sostenibilità non è solo qualità ambientale, ma anche e necessariamente compartecipazione del valore (anche i profitti), insieme a lavoro buono e inclusivo. L’alta velocità del nostro fare, una virtù collettiva, pone a Reggio una domanda più importante e stringente che ad altre città nella definizione di cosa è sviluppo nel lungo periodo. A Reggio non si possono celebrare investimenti solo perché grandi e tecnologicamente avanzati. Qui lo sviluppo deve essere anche filiera territoriale, rete di cooperazione, inclusione sociale, abbassamento delle vulnerabilità collettive, produzioni di beni e servizi generanti cultura, democrazia e coesione per un bene più diffuso, qui e nel mondo”.

Promesse, memorie e visioni senza le quali, ha concluso il direttore di Confcooperative Reggio, “ogni nostro impegno sulle nuove povertà e sulla vulnerabilità delle persone sarà sempre e solo riparativo e in ritardo. Per correre a lungo bisogna correre bene e insieme, non solo veloci”.