Lunedì 21 giugno è il giorno numero 500 di carcere in Egitto per Patrick George Zaki, lo studente egiziano dell’università di Bologna (dove stava frequentando il master europeo Gemma in Studi di genere e sulle donne) fermato il 7 febbraio del 2020 dalla polizia all’aeroporto del Cairo, dove si era recato per trovare parenti e amici, e detenuto ininterrottamente da allora nel complesso penitenziario di Tora con l’accusa di “istigazione a manifestare, esortazione a rovesciare il regime e diffusione di false informazioni in grado di perturbare la sicurezza e la pace sociale” per alcuni post pubblicati su un account Facebook – che i legali di Zaki sostengono non essere suo.
“Sono, uno per uno, 500 giorni di ingiustizia, di sofferenza fisica e mentale, gravi, di una detenzione senza processo e senza possibilità di difendersi”, ha denunciato il portavoce di Amnesty International in Italia Riccardo Noury: “Ci chiediamo per quanto altro tempo dovremo portare avanti questo conto dei giorni prima che le autorità egiziane e anche quelle italiane intervengano per porre fine a questo incubo”, ha aggiunto Noury.
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