Il punto sulla pandemia in Italia: RT in leggero aumento (0.75), ma scende ancora l’incidenza dei contagi

operatrici sanitarie Covid flebo

La prima riunione di marzo della cabina di regia tra Ministero della salute, Istituto superiore di sanità e Regioni/Province autonome, convocata come di consueto per fare il punto della situazione sullo stato dell’epidemia di nuovo coronavirus in Italia, ormai definitivamente caratterizzata dall’impatto della variante omicron (che ha una prevalenza superiore al 99%, secondo l’ultima indagine rapida), ha confermato in gran parte le buone notizie già emerse nelle rilevazioni precedenti.

La principale riguarda ancora una volta il trend di discesa dell’incidenza settimanale dei contagi, diminuita da 552 a 433 nuovi casi di positività ogni centomila abitanti. Un valore che rimane comunque per la diciottesima settimana consecutiva molto al di sopra della soglia di attenzione di cinquanta nuovi casi ogni centomila abitanti, quella che secondo il Comitato tecnico-scientifico consentirebbe – se non fosse oltrepassata – il miglior controllo possibile della circolazione del virus grazie a un efficiente contenimento (identificazione dei casi + tracciamento dei relativi contatti).

Si è interrotta, invece, la discesa dell’RT: secondo i numeri del ministero e della Protezione civile, infatti, il valore dell’indice di trasmissibilità medio dell’infezione da virus Sars-Cov-2 – calcolato sui casi sintomatici – è leggermente risalito, arrivando a quota 0,75 (range 0,67 – 0,96); un dato che si mantiene comunque al di sotto della soglia epidemica (Rt = 1), il valore che separa convenzionalmente una situazione di epidemia in avanzamento (quando Rt è maggiore di 1) da una situazione di epidemia in regressione (quando Rt è inferiore a 1).

In aumento, seppur lievissimo, anche il cosiddetto “Rt ospedaliero”, ovvero l’indice di trasmissibilità calcolato sui casi di Covid-19 che necessitano di ricovero ospedaliero: un valore salito dallo 0,76 della rilevazione precedente a 0,77, ma anch’esso ancora al di sotto della soglia epidemica.

Cali incoraggianti, infine, sono stati registrati anche sul fronte dei numeri relativi alla pressione sulle strutture ospedaliere: il tasso di occupazione nei reparti di terapia intensiva a livello nazionale è sceso per la settima settimana consecutiva, passando dall’8,4% del 24 febbraio al 6,6% del 3 marzo; nello stesso intervallo di tempo, inoltre, il tasso di occupazione in aree mediche ha fatto registrare un decremento di quasi quattro punti percentuali, passando dal precedente 18,5% all’attuale 14,7%.

Per quanto riguarda la classificazione del rischio epidemico, secondo l’ultima rilevazione disponibile tutte le regioni e le province autonome italiane sono ritenute a rischio basso, e nessuna di queste al momento è considerata ad alta probabilità di progressione verso uno scenario peggiore. Otto tra regioni e province autonome hanno riportato un’allerta di resilienza, ma nessuna di loro ha riportato molteplici allerte.

Sul territorio italiano è in leggera diminuzione (dal 18% al 16%) la percentuale dei casi rilevati attraverso l’attività di tracciamento dei contatti, mentre è aumentata la quota di casi individuati attraverso la comparsa dei sintomi (dal 33% al 35%); in lieve salita (dal 48% al 49%) anche la percentuale dei nuovi casi diagnosticati attraverso le attività di screening.