Lo stop alla sperimentazione del vaccino anti-Covid sviluppato dalla multinazionale AstraZeneca e dall’Università di Oxford per sospette reazioni anomale registrate tra i volontari-campione è insieme una buona e cattiva notizia.
La cattiva è che siamo tornati indietro rispetto alle speranze di ottenere presto un vaccino applicabile su basi di massa, proprio in una fase in cui il virus ha ripreso a circolare con rinnovata aggressività in alcune aree d’Europa, in India e in Sudamerica.
La buona è che il principio di precauzione applicato in una corsa al vaccino senza precedenti nella storia umana sembra ancora prevalere sugli interessi del business e della politica. Non è indispensabile arrivare primi, o comunque arrivare a un risultato purchessia, se di mezzo si pongono problemi di sicurezza.
Dicevamo solo quarantott’ore fa della spasmodica partita geopolitica in corso tra le grandi potenze internazionali – Usa, Ue, Cina e Russia – per vincere la gara alla produzione di un vaccino affidabile e fatto in casa. È sconfortante, va detto, che in questa corsa prevalgano gli interessi soggettivi rispetto a un accordo generale di mutua collaborazione. “Conosco solo una razza a cui appartengo, ed è la razza umana”, affermava Albert Einstein. La lezione non è stata seguita.
Mai come in questa pandemia si è avvertita la necessità della creazione di risposte globali dinanzi a un’inedita sfida globale. Il virus non conosce i confini tra gli Stati e dunque non li rispetta. Sono i governi a fissare barriere fisiche e sociali. Si pongono limiti e divieti agli spostamenti da un paese all’altro e tra una regione e l’altra, come se fosse utile individuare i possibili untori in un luogo o in un popolo. La pandemia ha già dimostrato di sapersi adattare nella sua diffusione alle contromisure degli umani.
Occorre dare alla scienza i tempi che richiede senza alimentare illusioni e insensate aspettative. Qualsiasi esperto riconosce che per raggiungere l’efficacia in una campagna di vaccinazione di massa servono due o tre anni di tempo. Correre troppo contiene rischi inaccettabili. La politica deve essere responsabile e non farsi ingolosire da smanie miracolistiche.
Ma vi è un altro insegnamento che possiamo cogliere da questa inattesa sgradita esperienza. Riguarda la sfera individuale, la nostra coscienza, il pensiero profondo, le paure che albergano in ciascuno di noi. I fatti indicano che è vano dissimulare i nostri timori dietro una maschera di auspicata infallibile efficienza. La fiducia nel progresso scientifico si scontra con le paure ancestrali e ripropone argomenti al solito ben celati nei cassetti meno frequentati dal nostro Io.
Con la paura, con un margine non soverchiante di paura, siamo chiamati a dover fare i conti quotidianamente. Sono cambiate molto le nostre abitudini e non ha senso pensare di poter tornare indietro. Cambiano tempi e modi di lavoro, si modificano le abitudini, le relazioni, gli spostamenti. Tutto si muove, tutto cambia continuamente.
Siccome non è possibile tornare indietro, alla presunta comfort zone di un tempo perduto, tanto vale affrontare il presente con consapevolezza. Con fiducia, liberi dai seducenti vincoli delle aspettative.
Ultimi commenti
Far finta di cambiare affinché nulla cambi... parole profetiche del Gattopardo. Considerando l' esempio virtuoso che si sta attuando in zona stazione, perché non accompagnarvi,
D' accordo!
Mazza da baseball e vedi come si alzava e ora di finirla con tutto questo buonismo