Corre il tempo della ‘furia di vivere’

Don Giuseppe Dossetti

Credo che tutti noi ci chiediamo quale sia il significato della storia che stiamo attraversando. E’ giusto che sia così, ma non è scontato. Qualcuno ha parlato di una “furia di vivere”, che esprime il desiderio di dimenticare. Ma non sarebbe giusto verso i morti. Quelli delle grandi guerre, almeno, hanno ricevuto l’onore di un sacrario; i morti del Covid-19, probabilmente, non avranno neanche quello.

Io, da cristiano, non posso essere pessimista. Me lo vieta il mio Fondatore. Egli sa rinchiudere tutto in poche immagini. Per esempio, dice che il Regno di Dio “è come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte e di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa”. E’ anche simile a un granello di senape: “E’ il più piccolo di tutti i semi, ma quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto”. E’ lui quel seme, Gesù parla di se stesso: “Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto”.

L’ottimismo di Gesù non è però quello dell’idealismo tedesco e delle sue derivazioni. Egli conosce appieno il male, anzi, lo ha assorbito in sé, nella sua croce. Il male ha una verità inconfutabile, pesante, talvolta apparentemente vincente. In certi momenti, il prezzo per resistergli sembra troppo alto. Eppure, Gesù, attraverso questi simboli, ci vuol dire due cose, ambedue paradossali. Anzitutto, che il male viene sconfitto proprio quando sembra vincere: il libro dell’Apocalisse ci presenta le schiere di coloro che hanno vinto il Dragone “grazie al sangue dell’Agnello”. Il mistero della storia è proprio questo, che vincono non i dragoni, ma gli agnelli, ed è grazie al loro sacrificio che si aprono agli uomini loro fratelli spazi di libertà e di generoso impegno. Gli agnelli, però, devono essere fedeli alla loro vocazione: guai, se cercano di diventare anch’essi dragoni. La storia della Chiesa lo dimostra anche troppo.

La seconda parola, anch’essa difficile, è che noi non vediamo il bene, come non vediamo il seme, ma esso c’è: è piccolo, ma ogni seme ha in sé l’energia vitale per portare frutto; è piccolo, perché è fatto di tante azioni piccole, che solo uno sguardo puro può riconoscere.

L’immagine del seme che cresce per energia propria non vuole esortarci all’inerzia. L’azione è doverosa: “Chi fa la volontà del Padre mio, è per me fratello e sorella”. Tuttavia, l’azione procede sempre da una matrice interiore, dall’operare su se stessi.

Bisogna anzitutto vincere lo sconforto, che è lo strumento di Satana per renderci inerti e infecondi. Bisogna poi cercare la purificazione da ogni seme di male. Anche il male procede dall’interno dell’uomo. Dobbiamo contrastare ogni forma di odio, di rappresentazione dell’altro uomo come nemico. La violenza non nasce per caso, ma vi è una preparazione remota, che i grandi manipolatori conoscono bene. Il Ruanda, la Bosnia, ma anzitutto le grandi guerre del ventesimo secolo ce lo ricordano. Per questo, non dobbiamo sottovalutare fenomeni come le aggressioni a chi appare diverso, per l’orientamento sessuale o per il colore della pelle. Che cosa ci sta dietro, nel “cuore” dei violenti? Persino la religione può diventare giustificazione della violenza: non essa in quanto tale, ma esiste una potenza di male che usa tutto per la morte dell’uomo, anche le cose buone, che sono state create per la sua vita. Pensiamo all’uso che viene fatto della tecnica, con le devastazioni che ne sono derivate in tanti luoghi. Per questo, è necessaria una grande vigilanza: l’odio è più contagioso del virus.

La medicina è dentro di noi, l’organismo sano della Chiesa sa produrre gli anticorpi. Il primo passaggio è l’umiltà, la sincerità verso noi stessi, che ci porta a identificare i meccanismi di violenza che esistono in noi e che solo una grande vigilanza e la grazia di Dio possono rendere inattivi. Poi, è necessario chiedere luce, per vedere l’opera di Dio nei margini, nei piccoli, nella quotidianità, per cambiare la nostra scala di valori. Infine, l’intercessione, cioè la preghiera per noi e per tutti, a cominciare da coloro che facilmente giudicheremmo ed escluderemmo. Infatti, diviene impossibile odiare coloro per i quali abbiamo recitato anche solo una piccola preghiera.