Carabinieri arrestati a Piacenza, al via il processo davanti al Gup

La legge è uguale per tutti

Lunedì 14 dicembre l’inchiesta “Odysseus” della Guardia di Finanza piacentina, che lo scorso luglio aveva portato all’arresto di sei militari in servizio presso la caserma Levante (accusati di reati gravissimi come spaccio, corruzione, abuso d’ufficio e tortura), al sequestro della stessa stazione e al trasferimento dei vertici provinciali dell’Arma dei Carabinieri, è arrivata davanti al giudice: presso il tribunale della città emiliana si è infatti aperta la prima udienza davanti al gup per chi ha scelto il rito abbreviato.

Il giudice per l’indagine preliminare del tribunale di Piacenza lo scorso ottobre aveva accolto la richiesta di giudizio immediato per 16 dei 23 indagati che la procura della città emiliana, ritenendo di avere raccolto prove sufficienti a loro carico, aveva avanzato: si tratta di sei militari e dieci spacciatori.

Sono 62 in tutto i capi di imputazione contestati, quasi tutti a carico di cinque dei carabinieri che prestavano servizio nella caserma Levante: Giuseppe Montella (40 capi di imputazione), Salvatore Cappellano (13 capi), Angelo Esposito (9 capi), Giacomo Falanga (7 capi) e Daniele Spagnolo (5 capi).

Tra i carabinieri sotto accusa erano presenti in aula solo Falanga, scortato dal carcere di Verbania, il maresciallo Marco Orlando (l’ex comandante della stazione) e Spagnolo – questi ultimi due sono attualmente agli arresti domiciliari. Assenti invece Montella e Cappellano, entrambi ancora in carcere.

L’udienza, alla quale erano presenti il procuratore Grazia Pradella e i pm titolari dell’indagine Matteo Centini e Antonio Colonna, è iniziata con le richieste di costituzione di parte civile da parte degli avvocati: undici in tutto, tra le quali anche quelle dei sindacati dei carabinieri Nsc e Silca. Accanto a queste anche diverse altre formulate da persone che affermano di essere state picchiate o torturate all’interno della caserma dei carabinieri, e soprattutto quella del testimone che con le sue rivelazioni al maggiore dei carabinieri Rocco Papaleo ha permesso l’avvio di tutta l’inchiesta. Nessuna richiesta di costituzione è al momento invece giunta dall’Arma dei carabinieri, dal Ministero della difesa e dal Comune di Piacenza.