Agli albori della stampa socialista

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La stampa fu sempre considerata uno strumento decisivo nell’opera di proselitismo e di definizione del programma politico del socialismo italiano. All’inizio si trattò di una stampa fragile, saltuaria, povera, con una diffusione limitata al territorio d’origine e sostenuta da pochi volontari, che si autofinanziarono. La vita di quei fogli non fu mai semplice.

Osteggiati dalle prefetture, oggetto di perquisizioni, denunce, sequestri, perché ritenuti pericolosi per l’ordine pubblico, quei fogli ebbero spesso vita breve, a volte di un sol numero. A loro si deve tuttavia il merito di raggiungere aree del paese che diversamente non avrebbero avuto la possibilità di conoscere quanto accadeva nelle grandi città o in parlamento. Stessa sorte toccò a quella repubblicana e anarchica, specie durante la repressione crispina del 1894-95, quando molti redattori vennero arrestati, processati e condannati al carcere o al domicilio coatto.

In alcuni casi, tuttavia, la stampa cosiddetta minore raggiunse successi importanti.
In ambito socialista fu il caso de La parola dei poveri di Torino, L’Asino di Roma, Lotta di classe di Milano. Il settimanale La Giustizia già nel 1900 arrivò a stampare circa 7500 copie, mentre il Sempre Avanti nel 1902 raggiunse le 16000 copie.
Ad affiancare L’Avanti! nel 1906 si distinsero due quotidiani a forte radicamento sociale: Il Lavoro di Genova e La Giustizia di Reggio Emilia.
Si può dire, in sostanza, che ogni regione e, forse, ogni città ebbe un suo giornale locale, che svolse un ruolo di rafforzamento delle testate a diffusione più nazionale. Sarebbe pertanto quasi impossibile elencarli tutti.

L’argomento “stampa”, a riprova della grande importanza che venne ad assumere nella diffusione del pensiero socialista, fu sempre presente negli ordini del giorno dei congressi socialisti. Due riviste mensili si distinsero per la valenza culturale che offrivano: la Rivista italiana del socialismo e Critica sociale di Turati e Anna Kuliscioff. Un grande ruolo svolse in preparazione del congresso di Genova del 1892, il settimanale milanese, diretto da Camillo Prampolini, Lotta di classe.

Alla fine il congresso assunse Lotta di classe come suo organo ufficiale di collegamento tra le varie realtà periferiche del partito. La crescita del partito, la necessità di coordinare le lotte e di diffondere le ragioni delle posizioni sostenute in parlamento, imposero ai dirigenti del partito l’obiettivo di fare un deciso salto di qualità.

La necessità di dotarsi di un organo quotidiano fu discussa al Congresso Nazionale di Firenze nel 1896 e, su proposta di Prampolini, rinviata al Consiglio nazionale del partito, per poter meglio valutare anche l’impegno economico che tale realizzazione avrebbe comportato.
Tutto il partito dunque si mobilitò per rendere possibile il raggiungimento dell’obiettivo. Lotta di classe si rese disponibile a lanciare una raccolta di fondi, mentre i circoli e le sezioni si mobilitarono per una capillare sottoscrizione tra gli iscritti. Considerato il buon andamento della sottoscrizione e degli abbonamenti, si decise di procedere celermente all’uscita del giornale.

Il 25 dicembre 1896 vide la luce il quotidiano L’Avanti!, con sede a Roma, che si chiamò come il confratello tedesco Vorwart e l’omonimo settimanale Avanti!, fondato nel 1881 a Imola da Andrea Costa. Direttore fu nominato Leonida Bissolati, già direttore dell’Eco del Popolo di Cremona. Bissolati venne affiancato da Ivanoe Bonomi come redattore capo, e in redazione da Walter Macchi, Oddino Morgari, Alessandro Schiavi, Gabriele Galantara e Guido Podrecca. Il primo numero fu diffuso in 50.000 mila copie e fu accolto con entusiasmo. Gli abbonamenti in pochi giorni toccarono invece quota 3000.

Da quel 25 dicembre 1896 giornale e partito si identificarono e i socialisti trovarono un sicuro e costante punto di riferimento.




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