Vendevano cannabis online: arrestati marito e moglie di Parma, oscurato il sito e chiuso il negozio

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I finanzieri del Comando provinciale della Guardia di Finanza di Parma hanno eseguito un’ordinanza di applicazione di misura cautelare personale e contestuale decreto di sequestro preventivo emesso dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Parma, su richiesta della Procura della Repubblica, nei confronti di due coniugi parmensi, per l’ipotesi di reato di detenzione di sostanze stupefacenti.

Con l’ordinanza è stata disposta nei confronti dei coniugi la misura cautelare interdittiva del divieto di esercitare il commercio di fiori, piante e altri derivati dalla cannabis per un anno.
Con il decreto è stato disposto il sequestro preventivo delle parti di un sito internet utilizzate, secondo l’ipotesi accusatoria condivisa dal gip, per la commercializzazione di derivati di cannabis o, in caso di impossibilità tecnica di inibizione parziale del sito web, l’oscuramento per intero.

Secondo la ricostruzione investigativa, i due coniugi avrebbero posto in vendita, in modo professionale, derivati di cannabis mediante un sito internet sul quale erano pubblicizzati, anche con grafiche accattivanti, i prodotti commercializzati e gli accessori per fumarli.
Sul sito internet si riportava anche l’indicazione di un deposito/negozio ubicato a Parma, che in realtà è risultato essere esclusivamente un punto di incontro con i clienti per le consegne da effettuare.

In particolare, dei due coniugi, l’uomo avrebbe organizzato l’attività, sarebbe stato preposto ai contatti con la clientela – sia promuovendo i prodotti sul sito internet sia gestendo gli ordini mediante contatti telefonici e via whatsapp – e si sarebbe occupato della successiva consegna materiale dei prodotti derivati dalla cannabis agli acquirenti ubicati nel territorio delle province di Parma e Reggio Emilia; la donna, invece, avrebbe fornito la propria collaborazione all’attività illecita in quanto sarebbe stata incaricata di confezionare la merce destinata alla clientela.

Le attività di polizia giudiziaria, dirette dalla Procura della Repubblica di Parma, sono state svolte dal gruppo della Guardia di Finanza di Parma mediante indagini tecniche, telefoniche e informatiche, servizi di osservazione, controllo e pedinamento, finalizzati a monitorare l’effettiva attività di consegna a domicilio dei prodotti.

In dettaglio, nel mese di giugno 2022, i finanzieri avevano dato esecuzione a un decreto di perquisizione e sequestro emesso dalla Procura della Repubblica di Parma, rinvenendo presso l’abitazione dei coniugi, e sottoponendo a sequestro, circa 3,5 Kg di infiorescenze di canapa, 160 grammi di Hashish, 130 grammi di polline di infiorescenze di canapa e 6 spinelli.
Su tali sostanze veniva è stata affidata una consulenza tecnica all’Istituto di Medicina Legale di Bologna che si è conclusa rilevando la presenza, in tutti i reperti, della presenza di Delta9-THC, principio attivo della cannabis e di cannabidiolo, con un quantitativo totale corrispondente a 366 dosi estraibili.

L’analisi della documentazione informatica acquisita in sede di perquisizione ha consentito di quantificare in euro 10.494,00 il corrispettivo delle vendite di prodotti di cannabis effettuate dai coniugi nei mesi precedenti.
In attuazione del provvedimento del GIP le Fiamme Gialle hanno dato esecuzione alla misura personale interdittiva e hanno proceduto al sequestro del sito nella sua interezza.

Detenzione e commercializzazione della cannabis light sono attività vietate dalla legge

“La vendita a fini ricreativi di cannabis – si legge in un comunicato della Procura – è riconducibile alla fattispecie prevista e punita dall’articolo 73, comma 4, del D.P.R. 309/1990, anche dopo l’entrata in vigore della legge del 2 dicembre 2016 n. 242.

Contrariamente a quanto sostenuto da chi è interessato -evidentemente per motivazioni commerciali ed anche ideologici- a far apparire la “cannabis light” come cannabis “legale”- la novella del 2016 non ha comportato alcuna depenalizzazione della condotta di vendita, a fini ricreativi, di cannabis dal contenuto ridotto di THC, avendo la citata legge esclusivamente liberalizzato la coltivazione (entro il limite di THC inferiore allo 0,6 per cento) per talune finalità diverse da quella “ricreativa”.

Tale principio è stato ribadito più volte dalla Corte di Cassazione, anche a Sezioni Unite, per vicende occorse in diverse parti d’Italia, ed è stato costantemente sostenuto dalla Procura di Parma in una pluralità di inchieste, per cui può oggi pacificamente sostenersi -ad onta di interessate prese di posizioni di segno contrario- che la detenzione, e la commercializzazione, della cannabis light, costituiscono attività vietate dalla legge”.