Unindustria: “I reggiani fanno una vita da mediano, mancano gli slanci di crescita”

Daniele Marini Università di Padova

Martedì 12 dicembre Ruote da Sogno ha ospitato il tradizionale incontro di fine anno di Unindustria Reggio Emilia, intitolato in questo caso “I reggiani si guardano allo specchio”. L’incontro, che ha visto la partecipazione di oltre 300 persone, ha preso il via con l’intervento della presidente dell’associazione Roberta Anceschi ed è proseguito con la relazione di Daniele Marini, docente di sociologia dei processi economici all’Università di Padova, e con una conversazione tra il sindaco di Castelnovo ne’ Monti Enrico Bini, il sindaco di Reggio Luca Vecchi e la sindaca di Guastalla Camilla Verona, coordinati dal direttore di Class Cnbc Andrea Cabrini.


La fotografia della popolazione della provincia reggiana alla fine del 2023, ha sottolineato Marini, è stata scattata in un contesto segnato da tensioni internazionali (il conflitto bellico russo-ucraino scoppiato nel 2022 e quello israelo-palestinese dello scorso ottobre), dopo una lunga esperienza di difficoltà come quella della pandemia Covid-19, che ha lasciato tracce significative, e con le previsioni di un Pil che torna ad avere la “sindrome dello zero-virgola”. A queste condizioni, ha aggiunto il docente universitario, si sovrappongono altri elementi di tensione come l’elevata inflazione e la crisi energetica che ha pesato su famiglie e imprese.

“Insomma, il quadro complessivo non lascia spazio a visioni particolarmente positive e prefigura un futuro molto incerto e costellato di cambiamenti continui e repentini. Tant’è che a ragione si può sostenere che siamo ormai entrati in un’epoca dove «il cambiamento è la nostra nuova normalità»”. Ciò nonostante, ha aggiunto Marini, “in una simile realtà le condizioni percepite dalla popolazione reggiana, seppur con gradi di difficoltà e problematicità non marginali, sono improntate in netta prevalenza a una sostanziale stabilità. O, se si vuole, a una buona capacità di tenuta e conservazione delle proprie posizioni, soprattutto se paragonate al resto della regione emiliano-romagnola e, ancor di più, rispetto alla media nazionale. Una società che appare strutturata e salda attorno alle proprie istituzioni locali, che ha nel sistema produttivo industriale locale e nel suo know-how, in quello formativo-scolastico e nel capitale umano e professionale disponibile un insieme di capisaldi che consente una buona tenuta delle condizioni sociali ed economiche e rende competitivo e attrattivo il territorio”.

Ciononostante, ha ammesso Marini, “nello stesso tempo sembrano mancare slanci di crescita, segnali che diano la sensazione di una progressione plausibile o un’accelerazione ulteriore: prevale una sorta di «medietà» nelle percezioni, sicuramente positive, ma che restano nella media, appunto, nel confronto con altre realtà simili”.

L’immagine complessiva riverberata dalla ricerca, ha concluso il docente, “è quella di reggiani i cui orientamenti sono ispirati a una «medietà», a un atteggiamento «fattivamente sobrio» dove il lavoro e l’industria costituiscono un caposaldo dell’identità sociale; dove le istituzioni hanno un peso superiore alle individualità politiche e costituiscono ancora oggi una trama importante della coesione. Con grande capacità di resistenza e resilienza, senza atteggiamenti da primattore, ma anche senza slanci particolari, mantenendo un comportamento di basso profilo, un understatement diffuso. Parafrasando la ben nota canzone di Ligabue, i reggiani riverberano un’immagine di quanti fanno una vita da mediano: «Una vita da mediano, con dei compiti precisi / a coprire certe zone, a giocare generosi / lì, sempre lì / lì nel mezzo / finché ce n’hai stai lì […] Una vita da mediano, lavorando come Oriali / anni di fatica e botte e vinci casomai i mondiali»”.



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