Tutti quanti hanno tagliato sulla scuola

Caliceti

Le elezioni politiche si avvicinano, come l’inizio del nuovo anno scolastico. Nel 2008, premier Berlusconi, Gelmini ministro all’Istruzione: mentre viene dato in pasto all’opinione pubblica la polemica grembiulino-sì o grembiulini-no, si assiste a 7,8 miliardi di tagli alla scuola, la più grande dalla nascita della nostra Repubblica. Quello che il ministro chiamava “riforma”, in realtà è un colpo di scure all’istruzione scolastica.

Da allora si sono succeduti governi di centrodestra, di centrosinistra, di unità nazionale: tutti hanno tagliato ulteriormente fondi alla scuola. Anche la Buona Scuola del governo Renzi. Tutti i partiti e i leader, in campagna elettorale, parlano dell’importanza della scuola, dopo le elezioni se ne dimenticano. Domanda: se dovesse vincere il centrodestra, cambierebbe la scuola italiana? E come? Naturalmente il primo atto sarebbe quello di affossare la cosiddetta Buona Scuola, – a cui si rifaceva, in linea di massima, anche il governo Draghi. Buona Scuola che in questi anni ha rilevato perplessità e malcontenti anche in molti elettori di centrosinistra. Ma oltre a questo?

Il leader della Lega Matteo Salvini ogni tanto ha parlato di scuola, ma limitandosi solo a spot: la proposta di reintrodurre l’educazione civica, di rendere obbligatorio i grembiuli alla primaria, di abolire la scuola media perché è solo un «parcheggio» in cui i ragazzi sostano inutilmente dagli 11 ai 13 anni, di accorciare le vacanze estive, per altro senza preoccuparsi che le temperature in Italia non sono le stesse che in altri Paesi del nord Europa e le nostre aule, ammesso che non siano pericolanti, non possiedono l’aria condizionata.

Un disegno più organico viene prospettato da Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia, che parla di lavoro obbligatorio per tutti i giovani, compresi quelli dei licei; di una scuola del made in Italy; e dell’eliminazione della bocciatura, che sembrerebbe una proposta anni Settanta del secolo scorso, ma è tutt’altro.

Viene lanciata l’idea del «liceo del made in Italy» per «prospettare ai giovani uno spazio lavorativo intermedio fra le professioni manuali, tendenzialmente disdegnate dai giovani italiani e le ‘lauree deboli’, dove continuano ad affollarsi i futuri disoccupati e sottoccupati». E poi, quella che viene definita una provocazione: «Il passaggio dal sistema delle bocciature a quello dei livelli: non ti boccio mai, ma alla fine della scuola secondaria superiore certifico in modo accurato e fedele il livello di conoscenze che hai effettivamente raggiunto».

Al termine dell’ultimo anno, così, «non ti rilascio un diploma, ma una scheda che dettaglia, materia per materia, il livello che sei stato in grado di raggiungere». Una sorta di schedatura. Un’idea promossa in primis da Ricolfi, che ha definito una riforma scolastica di questo tipo “rivoluzionaria”.

In realtà, più di una riforma made in Italy, si tratta di una copiatura mal fatta del modello anglosassone e contro il made in Italy: così, infatti, si supera tutta la Pedagogia italiana del secolo scorso, che è stata una delle più importanti del mondo. Gli studenti inglesi iniziano la Primary School (la nostra scuola elementare o primaria) a 5 anni, mentre la Secondary School – che equivale alla nostra media e a una parte della nostra scuola superiore – va dagli 11 ai 16 anni. In questo lungo percorso gli studenti vengono ammessi da un anno al successivo senza esami o promozioni alla classe superiore: non esistono cioè le bocciature, che sono possibili solo ed eccezionalmente per motivi molto gravi come lunghi periodi di assenza. Gli anni scolastici in Inghilterra sono numerati in ordine progressivo: “Year One” è il primo della primaria, “Year Eleven” è l’ultimo della secondaria (che potrebbe essere paragonata alla nostra scuola superiore).

Ed è proprio al termine della Secondary School che gli studenti inglesi, affrontano i loro primi importanti esami ossia i GCSE. GCSE è un acronimo che sta per General Certificate of Secondary Education. Si tratta di un esame affrontato dai ragazzi inglesi all’età di circa 16 anni, i quali devono, in questa fase della loro carriera scolastica, scegliere diverse materie per le quali vogliono ottenere il GCSE. La preparazione per gli esami avviene in due o tre anni scolastici. Dopo aver superato i GCSE, nel Regno Unito gli studenti entrano nella fase definita Sixth Form (Year 12 e 13 ossia gli ultimi due anni della della nostra scuola superiore) e si preparano all’Università con il General Certificate of Education Advanced Level. È necessario scegliere quali A Level sostenere, di solito tre o quattro materie di cui si effettua uno studio molto approfondito in vista di ciò che si vorrà studiare all’università.

Il periodo degli esami A Level è solitamente compreso tra maggio e giugno, ma i risultati complessivi vengono resi noti soltanto in agosto. Il punteggio ottenuto al termine degli A Level è il principale criterio che viene preso in considerazione dalle università britanniche al momento dell’accettazione della domanda di iscrizione. Ah, dimenticavo: la maggioranza di queste scuole, da quelle per i bambini a quelle per i ragazzi, sono private a e a pagamento. In disaccordo con la ciò che la Costituzione italiana dice a proposito della scuola: pubblica, laica, gratuita, che offre o dovrebbe offrire pari opportunità. Chissà se anche la Meloni e il governo di centrodestra lo sanno e vorranno far pagare agli studenti la scuola: in Inghilterra e negli Stati Uniti ci sono prestiti che gli studenti devono chiedere alle banche da restituire quando avranno un lavoro, se lo avranno.