Reggio. Tigro, “gatto ammazzato a bastonate dalla babygang”. La denuncia degli animalisti di Coviolo

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Da tempo, alcune baby gang hanno preso di mira le colonie feline di Reggio Emilia. Fino a ora si erano limitati a fare dei piccoli danni, rovinare o spostare oggetti, ma nei giorni scorsi sono passati alla violenza più gratuita e crudele. Uno dei gatti della colonia di Coviolo, Tigro, è sempre stato particolarmente socievole – come ricordano i volontari che si occupano dei felini della zona – e si avvicinava a tutti senza paura. Questo suo carattere aperto e fiducioso, però, gli è costato la vita. I referenti della colonia infatti lo hanno trovato morto, con chiari segni di percosse, probabilmente bastonate. I responsabili di tanta crudeltà hanno pensato bene anche di lasciare la propria firma “BoBO Gang” sulla recinzione.

“La crudeltà sugli animali è sempre drammatica, ma quando è praticata da giovani è ancora più avvilente e preoccupante”, commenta Piera Rosati – Presidente LNDC Animal Protection. “Questi ragazzi hanno gravi problemi e il loro comportamento potrà soltanto peggiorare. Lo dimostra anche il fatto che si è già assistito a un’escalation: dal danneggiare ‘soltanto’ degli oggetti, sono passati alla violenza mortale su un essere vivente. Questo è solo il preludio a ciò che avverrà in seguito, e cioè ancora più violenza su altri animali per poi sfociare nella violenza verso altre persone. Non è un’ipotesi ma una certezza confermata da diversi studi scientifici sui comportamenti di questo tipo in età adolescenziale. Sono giovani disturbati che, se non recuperati in tempo, diventeranno degli adulti pericolosi per tutti”.

“Il nostro team legale è al lavoro per sporgere denuncia nella speranza che le indagini portino a identificare i membri di questa babygang e, in particolare, gli autori di tanta crudeltà. È importante che loro e le loro famiglie vengano messi davanti alle proprie responsabilità, perché è ovvio che anche i familiari hanno le loro colpe quando si tratta di adolescenti. È chiaro che questi ragazzi non hanno ricevuto un’educazione appropriata, non sono stati inculcati loro dei valori giusti, non è stato insegnato loro che la vita è sempre da difendere e da rispettare. A questo punto possiamo solo confidare nel lavoro degli inquirenti e della magistratura, affinché queste persone capiscano che certi comportamenti non possono e non devono essere tollerati”, conclude Rosati.