Targa per Gramsci alla Quisisana, nel ’33 anche Campioli si batté per la sua scarcerazione

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Verrà posta nella clinica Quisisana di Roma una targa in memoria di Antonio Gramsci, dove il dirigente comunista morì il 27 aprile 1937. Nei giorni scorsi il Consiglio comunale di Roma ha dato il via libera. Favorevoli il sindaco Gualtieri e il ministro della Cultura Sangiuliano.

Nei primi mesi del 1933, il professor Arcangeli, medico di fiducia di Gramsci – che era detenuto, dal luglio 1928, nel carcere di Turi (BA) – aveva avuto l’incarico di certificare l’incompatibilità del prigioniero al regime carcerario. Gramsci avrebbe voluto la massima riservatezza, una volontà che verrà infranta dalla stampa comunista internazionale che riprodusse il certificato medico e dalla campagna per la sua liberazione. Ciò che Gramsci temeva era che le autorità fasciste, e Mussolini in primis, di fronte a manifestazioni internazionali contro il regime bloccassero ogni decisione per la sua liberazione, o almeno per quella condizionale che fu accolta solo nell’ottobre del 1934, quasi un anno e mezzo dopo, mentre quella per la completa libertà solo pochi giorni prima della morte.

Nel maggio del 1933, nonostante le riserve del dirigente comunista, partì comunque la campagna internazionale per la sua liberazione, che vide anche Cesare Campioli fra i suoi sostenitori. Il nome del futuro “sindaco della Liberazione” di Reggio Emilia compare nell’elenco dei firmatari l’appello per la liberazione di Gramsci. Accanto al nome di Campioli figurano intellettuali quali Romain Rolland, Henry Barbusse e altri fra cui Eugenio Bianco, antifascista e poi informatore del fascio di Parigi. Il nome di Campioli appare, infatti, proprio in riferimento alle iniziative promosse (insieme al resoconto dell’incontro), in una circolare firmata da Carmine Senise, vice capo della Polizia, a nome del ministro, indirizzata a diversi prefetti, fra i quali quello di Reggio Emilia, datata 16 giugno XI (1933), e depositata presso il Casellario politico centrale.

Da lì a pochi mesi, Gramsci, da Turi, sarà trasferito, già gravemente malato, prima nel carcere di Civitavecchia e poi ricoverato nella clinica del dottor Cusumano di Formia, in cui rimase dal dicembre 1933 all’agosto 1935. Nell’ottobre 1934, intanto, era stata accolta da Mussolini la richiesta di libertà condizionale. La salute di Gramsci però peggiorava. Finalmente gli fu concesso il trasferimento nella clinica Quisisana di Roma. Nell’aprile del 1937 riacquistò la piena libertà ma pochi giorni dopo, il 27 aprile, morirà per emorragia cerebrale. Aveva 46 anni.

«La cultura è … organizzazione, disciplina del proprio io interiore, è presa di possesso della propria personalità, è conquista di coscienza superiore, per la quale si riesce a comprendere il proprio valore storico, la propria funzione nella via, i propri diritti e i propri doveri … ma tutto non può avvenire per evoluzione spontanea, per azioni e reazioni indipendenti dalla propria volontà … L’uomo è soprattutto spirito, cioè creazione storica, e non natura. Non si spiegherebbe altrimenti il perché, essendo sempre esistiti sfruttati e sfruttatori, creatori di ricchezza e consumatori egoistici di essa, non si sia ancora realizzato il socialismo».

A. Gramsci

(in “Socialismo e cultura”, “Il Grido del Popolo” 29 gennaio 1916).




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