Il supermanager: Silk Faw era un flop annunciato

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Silk Faw era un flop annunciato fin dall’inizio. E le istituzioni, a partire dalla Regione Emilia-Romagna, erano state avvisate da subito, con tanto di e-mail. Parola di supermanager, un supermanager che per altro i cinesi li conosce molto bene, tanto da esssere stato premiato nel 2016 dal ministro per le Risorse umane e per la Sicurezza sociale della Repubblica popolare cinese, Yin Weimin, con lo “State Distinguished Recruited Expert”, l’alto riconoscimento che il governo cinese assegna a coloro che sono stati in grado di contribuire alla crescita e al miglioramento del sistema scientifico ed economico della Repubblica Popolare.

A quei tempi la Motor Valley emiliano-romagnola – almeno nelle sue terre meno appariscenti, quelle dei trattori e non delle supercar scintillanti – stava del resto vivendo un altro sogno orientale. Quello dell’arrivo del colosso Lovol Heavy Industry Ltd di Weifang (il più grande produttore di macchinari agricoli della Cina, oltre 3 miliardi di euro di fatturato e 13mila dipendenti) nel Modenese attraverso l’acquisto della storica Goldoni di Migliarina di Carpi. E il supermanager in questione – Andrea Bedosti, laurea con lode in Ingegneria agraria all’Università di Bologna nel 1983 e una lunga carriera nelle multinazionali del settore (tra cui la reggiana Landini-Massey Ferguson) – di quella avventura era uno dei principali protagonisti, ricoprendo il ruolo di ‎general manager alla Lovol Arbos Group Spa, l’holding europea gestita dal colosso di Weifang. Un’avventura che nel giro di pochi anni si sarebbe chiusa con un concordato preventivo, la vendita alla belga Keestrack e mille patemi sul fronte occupazionale.

Anche questo avrebbo forse dovuto mettere sul chi va là gli entusiasti sostenitori del megaprogetto Silk Faw. E lui, Bedosti, dice di averlo fatto.”Ricordo bene che nel luglio 2020, poiché ero in costante contatto con la Regione Emilia-Romagna, avvertii via mail sul pericolo che si poteva ben intravvedere in quella acclamata impresa, anche perché la Faw cinese l’avevo conosciuta molto bene – ha raccontato in una interessante intervista a Ilaria Vesentini, giornalista del Sole 24 Ore da sempre molta attenta ed informata sugli affari con la Cina – Sul progetto Silk ci sono stati solo proclami e neppure un fatto concreto, bastava una semplice analisi tecnica e un po’ di conoscenza di ciò che sta accadendo in Cina per non avallarlo”.

“Non sono al corrente della situazione aggiornata di Faw, ma li conosco da decenni. Quando ero in Same Deutz Fahr per quasi 20 anni abbiamo venduto loro la licenza dei motori diesel e mi sono fatto una mia opinione: sono cinesi particolarmente difficili e quadrati, più dei colleghi di Lovol, sempre controllati dal governo di Xi Jinping. Ma Faw è molto più grande di Lovol, è il più grande costruttore di camion in Cina e da osservatore esterno ho sempre considerato bizzarro e poco credibile un investimento da centinaia di milioni di euro in Italia per lo sviluppo di auto elettriche di altissima gamma, per di più attraverso una alleanza con una società americana. Tanto che preallertai i colleghi della motor valley”, racconta ancora Bedosti.

Che, per altro, non è che avesse una gran fiducia nemmeno nella componente americana del mega-accordo. “Il vero interrogativo è il finanziatore americano, Jonathan Crane, un puro profilo finanziario che poteva investire tanto in caramelle quanto in auto sportive – dichiara sempre al Sole 24 Ore-  Quante aziende ci hanno rimesso più per gli americani che non per i cinesi? Faw ci metteva il peso industriale ma ai cinesi oggi delle auto elettriche pulite non interessa nulla, hanno problemi ben più seri e hanno completamente chiuso le strade che portano in Occidente. Dal primo al terzo mandato di Xi Jinping c’è stato un cambio macroeconomico epocale. L’ho vissuto in prima persona in Lovol: Goldoni e Matermacc sotto la spinta cinese erano aziende ripartite alla grande. Fino al 2018, quando la Via della seta ha iniziato a traballare e Xi Jinping ha dato lo stop agli investimenti a Ovest di fronte ai boicottaggi americani sulla soia cinese e le frizioni sulla Corea del Nord. Il clima si è definitivamente esacerbato con il Covid che ha portato la Cina a sancire l’assoluta chiusura in se stessa”.

Per queste ragioni, Bedosti spiega di non aver mai ritenuto credibile il superprogetto Silk Faw tanto da “allertare colleghi e istituzioni del territorio”. Racconta anche che dal 2020, l’ultima volta che è stato in Cina,  il clima era già completamente cambiato rispetto a pochi anni prima. “Ho amici cinesi che in qualche modo comunicano con me tramite schede telefoniche tedesche e raccontano di una svolta per noi inimmaginabile: l’inglese non si insegna più nelle scuole, stanno togliendo la segnaletica inglese, tutta la politica della Via della seta è stata completamente ribaltata – conclude – La Cina del primo mandato di Xi Jinping non esiste più. I cinesi hanno il problema di trovare da mangiare per tutti, dell’autosufficienza alimentare, non certo di produrre auto elettriche che non inquinino. Il progetto Silk Faw è un falso progetto per la Cina”.