La serie sul delitto Moro diretta da Marco Bellocchio, ora in streaming su RaiPlay, è fatta molto bene: la minuziosa ricostruzione storica esalta una memorabile interpretazione del presidente Dc a opera di Fabrizio Gifuni. La vicenda ispirò allo stesso regista nel 2003 il film “Buongiorno notte”, pure apprezzabile. Questa volta Bellocchio, che ha già superato gli ottant’anni, vola ancora più alto.
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Chi abbia vissuto o almeno studiato gli anni in cui il terrorismo sedicente comunista tentò l’attacco al cuore dello Stato non può esimersi dalla fatica della comprensione del contesto in cui esso maturò. Da anni suggeriamo una coraggiosa analisi storica sull‘inequivocabile ruolo della fazione reggiana nella nascita e nella crescita delle Brigate rosse, ma l’establishment locale (come in altri casi, va detto) non ha ancora trovato la forza né morale né politica per fare i conti con il passato.
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Il sistema clientelare che si è insinuato nella pubblica amministrazione locale non tarderà a presentare il conto. La creazione delle consulte territoriali sulla base di cinquantacinque quartieri disegnati sulla carta è il trionfo della retorica propagandistica modello sino-Ddr sulla quale giovani pingui amministratori cercano consenso a buon mercato (e comunque a spese pubbliche).
Hanno dovuto supplicare qualche amico o galoppino di accettare la candidatura: tutto online, figuratevi le masse in corsa. Su 55 quartieri i candidati sono 240, distribuiti secondo criteri locali stabiliti dal Comune. Ogni quartiere in media avrà dunque 4 o 5 candidati: si annunciano duelli campali. Quali poteri avranno queste faticose consulte d’ambito? Nessuno. Al massimo potranno chiedere a un consigliere comunale di presentare un’interpellanza, esattamente come oggi, ma perdendo molto tempo e gettando altri soldi pubblici. Il bello è che l’assessore delegato a questa genialata si è detto “soddisfatto per i risultati raggiunti”.
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Nel Pd, a parte le sempre acute analisi postate su Twitter da Pierluigi Castagnetti, regna un comprensibile caos. Le correnti sono alla fase “càliti juncu”: tutti fermi in attesa di capire chi sarà il nuovo segretario nazionale e di soccorrerlo (si fa per dire) al momento della vittoria.
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Immaginate il Pci. Immaginate un partito con due milioni di iscritti che si affretti a inserire tra i leader una candidata che crede così tanto al partito da non esserci nemmeno iscritta. Detto questo, Elly Schlein potrebbe fare benissimo aprendo bottega e provando a mettersi in gioco senza privilegi.
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Bonaccini resterebbe presidente della Regione anche in caso di elezione alla segreteria del Pd. C’è da comprenderlo: la politica – quella vera – non esiste più, l’Emilia-Romagna può fare a meno dei vertici.
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Luca Vecchi sogna di sostituire Bonaccini ai piani alti di Kenzō Tange. Partita non facile: dopo un emiliano, di là si bussa per un romagnolo.
Reggio. Qui per la politica ci sarebbe spazio, ma nessuno sembra interessato a occuparsene seriamente. FdI è cresciuto al 21%, eppure non gira voce di possibili alleanze per coalizioni alternative. Il coordinatore Aragona punta a candidarsi sindaco, e sbaglia. Non perché non possieda le doti per provarci, ma perché la destra se la potrebbe giocare solo in un’alleanza che coinvolga anche le opposizioni a livello nazionale (Azione-IV).
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A proposito di Terzo Polo: il risultato delle politiche è stato strabiliante (9,6% in città) anche perché quelli di +Europa non sono affatto stati cannibalizzati. C’è un’area laica, tutta o quasi di opinione, che oggi vale circa il 15%.
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Ma anche qui la politica non brilla. +Europa ha messo in minoranza assessora (Sidoli) e consigliere (Benassi), ma Vecchi non è abituato al confronto serio anche con gli alleati né tantomeno è disposto a discutere gli assessori. Sidoli e Benassi sono considerati troppo proni ai voleri del sindaco, e questo all’area di Claudio Guidetti (segretario Campani compreso) non sta bene.
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Ma Azione? C’è qualcuno? Non si vedono nomi che brillino. Con Renzi rimane Maura Manghi, che potrebbe pensare a una ricandidatura per il Comune. Per altro, buio pesto.
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Chiudiamo sul dopo-Vecchi. Primo auspicio: che il sindaco non si faccia prendere dalla sindrome dell’attaccamento alla poltrona che colpì alcuni predecessori quali Ugo Benassi e Antonella Spaggiari.
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Per alternanza toccherebbe a una donna, meglio se di estrazione cattolico-democratica. Girano nomi, ma poco convincenti: Annalisa Rabitti, molto votata; Valeria Montanari, sempre che si siano appianati i litigi con Vecchi del 2019; qualcuno vagheggia perfino la blindatissima Stefania Bondavalli.
Candidati unfit: non reggiani, scarsi di cultura, figure che vengano da fuori. Caratteristiche indispensabili: persone conosciute in città anche per attività extrapolitiche, dotate di slancio etico quanto di senso pratico, capaci di rendere efficiente una macchina burocratica lenta di per sé. Richiesta la massima trasparenza, anche sul piano personale, e ovviamente fedina penale immacolata.
Ultimi commenti
peccato privarsi di cosi' tanta bellezza...lo Skyline di Cella non sara' mai piu' come prima.
Ma il Sindaco è la Giunta, non pensano a ridurre la spesa della complessa macchina comunale, lo stipendiopolo comunale è stato classificato come la maggior
Stato di abbandono? Io direi più atti di vandalismo...