Zaki, incubo: rinnovata la detenzione

Patrick Zaki

Il tribunale penale del Cairo, nell’udienza di lunedì primo febbraio, ha rinnovato per altri 45 giorni la custodia cautelare in carcere per Patrick George Zaki, lo studente egiziano dell’università di Bologna (dove stava frequentando il master europeo Gemma in Studi di genere e sulle donne) fermato il 7 febbraio del 2020 dalla polizia all’aeroporto del Cairo, in Egitto, dove si era recato per trovare parenti e amici, e detenuto ininterrottamente da allora nel complesso penitenziario carcerario di Tora.

Secondo i media egiziani la Procura generale ha richiesto il rinnovo della detenzione preventiva per Zaki mentre le indagini proseguono in quanto “i motivi della sua incarcerazione permangono sempre”.

Zaki è accusato di “istigazione a manifestare, esortazione a rovesciare il regime e diffusione di false informazioni in grado di perturbare la sicurezza e la pace sociale”. Lo studente viene accusato per l’uso di un account su una “rete internet internazionale” (con riferimento in particolare a Facebook) “per destabilizzare l’ordine pubblico, compromettere e mettere in pericolo la sicurezza della società”.

All’udienza in Egitto era presente anche un funzionario dell’Ambasciata italiana nell’ambito di un programma di monitoraggio processuale coordinato dall’Unione Europea: “Al momento si tratta dell’unico caso che viene costantemente monitorato da un gruppo di Paesi stranieri grazie all’iniziativa italiana”, ha sottolineato il Ministero degli affari esteri italiano: “Negli ultimi giorni la Farnesina, attraverso la sua ambasciata al Cairo, ha continuato a sensibilizzare le autorità locali sul caso in questione, al fine di favorire la pronta scarcerazione del giovane studente”.

Ma per Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, “siamo in una situazione paradossale in cui giudici, procuratori e altri esponenti della magistratura egiziana comunicano l’esito presunto dell’udienza per Patrick Zaki a tutti meno che all’avvocata. Questa vicenda, se confermata, dimostrerebbe ancora una volta che in Egitto le procedure, i diritti, il rispetto per la dignità dei detenuti valgono meno di zero”, ha detto Noury all’agenzia di stampa Ansa. “Se per Patrick si apre il secondo anno di detenzione illegale, arbitraria, senza processo, crudele, allora dobbiamo davvero raddoppiare le forze e prepararci per una campagna ancora più massiccia”.

L’Università di Bologna, nel frattempo, ha organizzato per lunedì 8 febbraio alle 9.30 un evento online (aperto a tutti, sulla pagina Facebook e sul canale Youtube UniBO) per presentare al presidente della Repubblica l’insieme delle voci italiane che, in modi diversi, hanno mostrato attenzione per Patrick chiedendone in questi mesi la liberazione.

Il rettore dell’ateneo Francesco Ubertini, il sindaco di Bologna Virginio Merola e il presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini accompagneranno l’incontro con tre brevi interventi per sottolineare l’importanza di consentire a Zaki di tornare a essere studente e cittadino a Bologna; tre studenti leggeranno alcune delle mail che da Bologna e da tutta Italia sono state inviate allo studente egiziano, mentre l’artista Gianluca Costantini disegnerà un motivo grafico che unisce gli studenti a Zaki, da lui evocato attraverso la sagoma che ormai è l’icona della sua situazione di prigioniero.

“Come le colleghe e i colleghi di Patrick e la comunità universitaria e cittadina tutta siamo molto preoccupati e angosciati per la detenzione che riteniamo immotivata”, ha detto il rettore Ubertini: “L’impegno per Patrick vede unita l’intera comunità dell’Università di Bologna e di molti altri atenei nazionali e internazionali. Quando, durante una visita in carcere, gli è stato fatto sapere che Bologna gli aveva conferito la cittadinanza onoraria, e come Bologna altre città italiane, Patrick ha espresso con emozione ed entusiasmo la sua gratitudine per quello che lui aveva già chiamato ‘il popolo gentile italiano’, comunicando il suo profondo desiderio di riprendere i suoi studi e di ritornare in quella che ora è anche la sua città. Patrick deve tornare qui, a Bologna, per continuare i suoi studi, deve tornare nella città che ama e che lo ha adottato, deve tornare nel paese che guarda con preoccupazione alla sua condizione attuale. Diritti culturali, civili e umani esigono la sua liberazione”.