Secondo tutti i sondaggi e con la parziale conferma del voto alle Regionali, la Lega è con ampio margine il primo partito italiano. Tuttavia, in parte a causa delle troppo ottimistiche previsioni della vigilia del voto, e in parte in seguito alla crisi di strategia denunciata dal numero due Giancarlo Giorgetti, la forza guidata da Matteo Salvini esce dalla tornata elettorale in veste di sconfitta. Come è possibile?
Giorgetti ha indicato per la Lega del futuro la strada europeista. La sua analisi è teoricamente impeccabile. Vanno ricostruiti gli equilibri di relazione con le altre forze del centrodestra, tuttora maggioritarie, per condurre la coalizione verso il Partito Popolare Europeo, casa di Angela Merkel e dei democratici cristiani, sciogliendo definitivamente i dubbi circa la collocazione internazionale della Lega (a iniziare dall’ambiguo rapporto con Putin). Occorre trasformare il partito in forma di governo anziché di lotta, tagliando i ponti con i soggetti alla Le Pen, alla Orban, al gruppo di Višegrad. Bisogna essere più vicini a Parigi e a Berlino anziché a Budapest e a Mosca.
Si verrebbe così a creare, sostiene Giorgetti, un centrodestra liberale, cristiano, conservatore, identitario senza fanatismi, in grado di conquistare un’egemonia che sembra a portata di mano.
La posizione di Giorgetti è ragionevole. Non servono particolari sforzi di analisi politologica per comprendere come Lega e centrodestra attuali fatichino a proporsi come soggetti affidabili tra i partner europei. Ma il punto è: gli elettori italiani di Lega e centrodestra sarebbero d’accordo?
Mi pare che qui caschi l’asino. La destra italiana si è fatta forte traducendo in chiave tipicamente reazionaria la vena antipolitica sollevata nella società dal post crisi 2008-2011. La battaglia nazionalista contro immigrati e integrazione, la negazione di un futuro internazionalista aperto al nuovo, le lotte per i diritti fondamentali: Salvini e Meloni hanno saputo dare risposta ai molti delusi della politica, riportandoli a una dimensione attiva, salvandoli da una deriva sociale in apparenza incontrollabile. La loro offerta politica è all’insegna del “prima gli italiani”, ossia uno slogan rassicurante opposto all’insicurezza vissuta nelle periferie e nei luoghi marginali della società.
Se osserviamo chi vota Lega o Meloni, in qualsiasi indagine sociologica venga proposta, comprendiamo quanto sia distante la prospettiva di creare un centrodestra moderato ed europeista come quello evocato da Giorgetti.
Il futuro liberale e conservatore di Lega e Fratelli d’Italia possiede un senso politico, ma rischia di naufragare dinanzi alla realtà. La nuova destra italiana parla a un pubblico che non se ne fa nulla di questa Europa. Quel pubblico che ha invece il problema di mettere insieme il pranzo con la cena, di continuare a lavorare in un mondo dove il lavoro si trasforma a velocità supersonica, di accontentarsi di sopravvivere non potendo più vivere. Milioni di italiani hanno paura del nuovo, che si presenti in veste di immigrato o di negozio dietro l’angolo che chiude. Temono l’invasione, l’insicurezza per sè e per i propri figli. Cercano risposte immediate di sopravvivenza. Non l’Europa. Non la moderazione. Salvini lo sa. E anche per questo comprende che la linea di Giorgetti, seppure potenzialmente corretta, non può essere percorsa.
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