In questi giorni di inizio febbraio sono in crescita le preoccupazioni del sistema imprenditoriale reggiano alla luce delle azioni già adottate dalla nuova amministrazione federale statunitense nei confronti di Canada, Messico e Cina – anche se poi, in alcuni casi, queste azioni sono state subito messe in stand-by (almeno temporaneamente).
Per il presidente della Camera di commercio dell’Emilia Stefano Landi “si vanno consolidando i timori che avevamo espresso all’inizio dello scorso dicembre, perché le politiche restrittive sull’import statunitense sono già state preannunciate dal presidente Trump anche nei confronti dell’Unione Europea”.
Gli interessi in gioco per l’economia reggiana sono evidenti: le esportazioni verso gli Stati Uniti d’America valgono quasi 1,6 miliardi di euro, e gli Usa sono tra i pochi Paesi del mondo che, anche nel 2024, hanno fatto registrare un incremento dei flussi. Tra i prodotti reggiani più esportati oltreoceano spiccano i macchinari e le apparecchiature (la quota è superiore al 60% del totale), ma anche materie plastiche, ceramica e apparecchi elettrici. Il saldo commerciale (cioè la differenza tra esportazioni e importazioni) è inoltre largamente positivo, perché dagli Stati Uniti vengono importate merci il cui valore complessivo non supera gli 80 milioni di euro.
Negli ultimi anni, ha spiegato Landi, “questi flussi sono costantemente cresciuti, e anche nel 2024, a fronte di un calo generalizzato delle esportazioni reggiane, quelle verso gli Stati Uniti sono aumentate. È allora evidente la ragione fondamentale delle preoccupazioni delle nostre imprese, che in altri mercati, quali Germania e Francia, hanno invece registrato contrazioni, e che oggi si trovano di fronte a possibili azioni penalizzanti che, fatalmente, rischierebbero di trasformarsi in una “guerra dei dazi” che non ha niente a che vedere con i veri principi dello sviluppo e della competitività”.
“Gli investimenti e la capacità di innovazione del sistema produttivo sono i veri capisaldi di uno sviluppo che ora, al contrario, rischia di essere compromesso da barriere e freni che non solo non hanno senso in un’epoca di globalizzazione degli scambi, ma non giovano neppure a chi crede che, imponendo dazi ad altri, si faccia un favore alle economie nazionali”.
In questa situazione, ha concluso il presidente della Camera di commercio dell’Emilia, “l’Unione Europea, e quindi anche i singoli Stati membri, devono ricercare il più alto livello di coesione possibile, predisponendo innanzitutto misure di sostegno e di sviluppo per un’economia continentale già in difficoltà, relazionandosi con gli Usa in termini efficaci e ricorrendo, ovviamente, ma solo in ultima istanza, a eventuali ritorsioni”.
La preoccupazione, naturalmente, si estendono anche ai vicini territori emiliani. In provincia di Parma nei primi nove mesi del 2024 le esportazioni locali verso gli Stati Uniti sono salite a 1,25 miliardi, un valore di poco inferiore a quello dell’intero 2023, mentre sono rimaste sostanzialmente stabili le importazioni. La bilancia commerciale nei rapporti tra Parma e gli States, dunque, è risultata in attivo per 1,1 miliardi nei primi nove mesi dell’anno, migliorando il saldo complessivo del 2023 (quando fu di +1,08 miliardi).
In provincia di Piacenza, invece, le esportazioni verso gli Stati Uniti valgono poco meno di 300 milioni di euro, e il saldo commerciale con gli Usa è positivo per oltre 250 milioni – considerando il fatto che le importazioni locali valgono 43 milioni. La graduatoria dei beni maggiormente esportati oltreoceano è guidata da macchinari e apparecchiature (prevalentemente di impiego generale e speciale), con un’incidenza del 43%; rilevanti, poi, anche le quote dell’export di metalli e prodotti in metallo (14,7%), mezzi di trasporto (13,5%) e agroalimentare (13,1%).
La preoccupazione non manca nemmeno dalle parti di Confindustria Emilia Area Centro, il cui presidente Valter Caiumi, a margine della presentazione della terza edizione degli Osservatori di filiera, si è espresso così: “Credo che la parte dei dazi possa essere veramente qualche cosa che potrebbe portare dei rallentamenti importanti. Noi come Confindustria lo diciamo da tanti anni, onestamente, che si sarebbero ridisegnati dei nuovi continenti economici. E questi continenti economici oggi li vediamo all’ordine del giorno. La globalizzazione ha avuto una frenata o comunque cambia di perimetro, e proprio per questo dovremmo riuscire ad amministrarla. Qui c’è bisogno di Europa, di un’Europa che naturalmente ha voglia di fare una politica espansiva”.
“Se ci saranno Paesi nel prossimo futuro che adotteranno dazi, possiamo dire che le nostre imprese dovranno considerare di fare investimenti produttivi da altre parti”, ha spiegato. D’altro canto, però, secondo Caiumi “l’Italia, per l’effetto contrario, potrebbe essere attrattiva per imprese straniere che vogliono investire in Europa”.
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