Industria emiliana, un balzo nel secondo semestre: produzione +20,1%

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Segnali di ripresa per l’economia emiliano-romagnola che nel 2022 dovrebbe già recuperare quanto perso a causa della pandemia. Rispetto alle premesse e timori iniziali, il risultato è confortante, con un saldo ancora negativo, ma più contenuto.
È l’indicazione che emerge da un primo bilancio post-pandemico e dall’analisi dei dati dell’indagine congiunturale relativa al secondo trimestre 2021 sull’industria manifatturiera, realizzata in collaborazione tra Unioncamere Emilia-Romagna, Confindustria Emilia-Romagna e Intesa Sanpaolo.

Nel secondo trimestre 2021 si è consolidata la fase di ritorno ai precedenti livelli di attività.
Il volume della produzione delle piccole e medie imprese dell’industria in senso stretto dell’Emilia-Romagna, rispetto allo stesso periodo del 2020, ha messo a segno un recupero eccezionale (+20,1 per cento), il ché conferma la fine della più intensa recessione mai sperimentata dopo il 2009.

Il valore delle vendite è cresciuto in modo evidente (+23,1 per cento), aumento a cui ha contribuito anche la tensione sui prezzi delle materie prime. Il fatturato estero ha mostrato un andamento analogo (+23,0 per cento). Degno di attenzione è il processo di acquisizione degli ordini, che, nel trimestre in esame, ha mostrato una solida tendenza positiva (+21,0 per cento), per quanto inferiore a quella del fatturato, è tale da far sperare in un effetto volano.
Il grado di utilizzo degli impianti è risalito al 77,0 per cento (ben superiore al 62,5 per cento dello stesso trimestre dell’anno passato), già più alto rispetto al 2019 (76,5 per cento), e appena inferiore al 2018 (78,1 per cento).

Il periodo di produzione assicurato dal portafoglio ordini è salito sensibilmente, tanto da risultare pari a 11,9 settimane, un valore che si colloca al di sopra di quelli registrati anche nel 2018, e che non veniva rilevato dalla fine del 2010.
Il recupero dell’attività produttiva è comune a tutti i settori industriali, ma varia sensibilmente in intensità. In particolare, nonostante la ripresa dei risultati sui mercati esteri (fatturato +19,6 per cento), il rimbalzo è più contenuto per l’industria alimentare (fatturato +11,0 per cento) che meno aveva sofferto della recessione da pandemia. La ripresa della produzione (+10,2 per cento) ha già permesso all’industria alimentare, unica tra quelle considerate, di recuperare pienamente il livello dello stesso trimestre del 2019. Minore la crescita degli ordini (+8,0 per cento), limitata dall’andamento del mercato interno, nonostante la dinamica componente estera (+11,5 per cento).

Situazione opposta per le industrie della moda che hanno sofferto: per questo settore, i livelli del 2019 restano lontanissimi. Queste imprese, infatti, sono state pesantemente gravate, durante la pandemia, dal cambiamento delle abitudini di acquisto delle abitudini di acquisto dei consumatori. La velocità della ripresa del fatturato complessivo ha toccato il 22,5 per cento con andamento simile sui mercati esteri (21,5 per cento) e sul mercato interno. Il recupero della produzione è stato inferiore (16,4 per cento). Analoga la tendenza per gli ordini (+19,6 per cento).
L’aggregato industrie meccaniche, elettriche e dei mezzi di trasporto, ha confermato l’inversione positiva per fatturato (+ 26,5 per cento), produzione (+21,5 per cento), ordini (+25,1 per cento).
La piccola industria del legno e del mobile ha messo a segno il più consistente recupero tra i settori considerati, ma i livelli di attività 2019 restano lontani. La crescita è stata notevole per fatturato (+28,3 per cento), meno marcata per produzione (+25,4 per cento), e ordini (+24,2 per cento).

L’industria metallurgica e delle lavorazioni metalliche, caratterizzata da una fitta rete di piccole e medie imprese al centro di molteplici catene produttive, ha confermato l’inversione di tendenza in positivo del primo trimestre: con il fatturato che ha messo a segno un + 24,5 per cento. Meno brillante la produzione, forse anche per il forte aumento dei prezzi delle materie prime, ma in buona ripresa (+22,9 per cento), tendenza analoga per gli ordini complessivi (+19,6 per cento).
Anche il gruppo eterogeneo delle “altre industrie” (chimica, farmaceutica, plastica e gomma e trasformazione dei minerali non metalliferi, ovvero ceramica e vetro) testimonia la ripresa in corso. Segno più per fatturato (+21,9 per cento), produzione (+16,4 per cento) e ordini (+22,0 per cento).

Nel secondo trimestre 2021 si è decisamente rafforzata la tendenza positiva per tutte le classi dimensionali delle imprese, ma l’intensità non è stata omogenea. Se le imprese maggiori hanno pienamente riottenuto il livello della produzione dello stesso trimestre del 2018 (che aveva registrato il punto più alto), l’attività nelle minori ne è ben lontana (-12,7 per cento) dal recupero.

Sulla base dei dati del Registro delle imprese, quelle attive dell’industria in senso stretto a fine giugno risultavano 43.689 (pari all’10,9 per cento del totale), con una diminuzione corrispondente a 275 imprese (-0,6 per cento) rispetto all’anno precedente.
Riguardo alla forma giuridica, sono aumentate di poco le società di capitale (+1,3 per cento, +221 unità), grazie all’attrattività della normativa delle società a responsabilità limitata semplificata. In calo le società di persone (-442 unità, -5,0 per cento) e in lievissima flessione le ditte individuali hanno subito una (-27 unità, -0,2 per cento).
In base ai dati Istat relativi al commercio estero regionale, nel primo semestre 2021 le esportazioni di prodotti dell’industria manifatturiera sono risultate pari a quasi 34.427 milioni di euro e hanno fatto segnare una crescita del 24,4 per cento rispetto allo stesso periodo del 2020 quando il calo era stato del 14,3 per cento.

Il principale contributo positivo è venuto dall’aumento dell’export di macchinari e apparecchiature (+27,5 per cento). Seguono i mezzi di trasporto (12,7 per cento), chimica, farmaceutica e materie plastiche (+11,2 per cento), l’industria alimentare e delle bevande (+9,5 per cento), tessile, abbigliamento, cuoio e calzature (+9,0 per cento), apparecchi e prodotti elettrici, elettronici, e medicali (+8,2 per cento), metallurgia e prodotti in metallo (+8,0 per cento).

Nel 2020 gli occupati in Emilia-Romagna sono diminuiti di 59mila unità (-2,9%), flessione che dovrebbe proseguire nel 2021, con un calo stimato di 16mila unità (-0,8%).  Prevista una inversione di tendenza nel 2022 (+1,7%) mentre nel 2023 si tornerà ai livelli occupazionali del 2019.
«Pur in un clima ancora in parte incerto e con incognite sul futuro, l’Emilia-Romagna pare avviata sulla strada per poter essere la prima regione a uscire dal tunnel, forte di un rapporto imprese-territorio che sta funzionando e conferma la vitalità di questo sistema economico – afferma il Presidente di Unioncamere Emilia-Romagna Alberto Zambianchi –.  Digitale, formazione, ricomposizione delle filiere, presenza sui mercati esteri: attorno a questi aspetti, che stanno caratterizzando questa fase di ripresa post-pandemia, ruotano i fattori che determinano la competitività. È dal rapporto virtuoso tra imprese e territorio, così radicato in Emilia-Romagna, e dalla capacità di declinarlo attorno a questi elementi, che discende la possibilità di dare forza e continuità alla fase di ripresa che stiamo vivendo».

In Emilia-Romagna, secondo l’analisi della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo, nel 2° trimestre 2021 è proseguito l’aumento dei prestiti alle imprese. La dinamica è risultata più moderata (+2,3% a/a a giugno) rispetto ai picchi eccezionali di fine 2020-inizio 2021. Ciò delinea una graduale normalizzazione del trend dei prestiti, dopo il massimo di +6,8% raggiunto a febbraio 2021, al culmine della forte accelerazione registrata nel 2° semestre 2020 che rifletteva esigenze straordinarie di liquidità poi progressivamente risolte. L’evoluzione è in linea con quella osservata a livello nazionale.

All’interno dell’aggregato del credito alle imprese, in Emilia-Romagna si nota un allineamento dei tassi di crescita dei prestiti all’industria e di quelli ai servizi (+2% a/a e 2,6% rispettivamente a giugno), dopo che questi ultimi hanno mostrato una ripresa più lenta coerente con l’evoluzione delle riaperture e dei consumi di servizi. Per quanto riguarda i prestiti alle costruzioni, venendo da anni di forte calo, da fine 2020 la variazione annua si è portata poco sotto lo zero, prossima a tornare in positivo sebbene con andamento altalenante, a -0,7% a/a a giugno in regione.
Anche per quanto riguarda i prestiti per dimensione d’impresa i dati più recenti mostrano dinamiche uniformi. In particolare, prosegue la crescita dei prestiti alle piccole imprese (fino a 20 addetti), che a giugno si è allineata a quella del credito alle imprese più grandi (2,3% in Emilia-Romagna per entrambe le classi dimensionali), dopo aver espresso una maggior dinamica nei primi cinque mesi dell’anno.

L’evoluzione dei prestiti alle imprese è determinata dall’andamento delle erogazioni con garanzia pubblica. I dati sulle operazioni garantite arrivate al Fondo centrale per le PMI mostrano che al 9 settembre 2021 l’Emilia-Romagna ha espresso oltre 220mila domande pervenute al Fondo per un importo finanziato di 19,7 miliardi, un volume in aumento del 9,7% rispetto a tre mesi prima e quasi quadruplicato da inizio luglio 2020. Di queste operazioni, oltre 102mila riguardano prestiti fino a 30mila euro, per un importo finanziato di quasi 2 miliardi. Il tasso di crescita dei crediti di minore importo continua a essere più moderato (+1,2% su inizio giugno 2021) rispetto a quello del totale delle operazioni a favore delle PMI. In entrambi i casi, il ritmo di crescita è in rallentamento, dopo la fase di forte espansione registrata nel 2020.

In parallelo, la dinamica dei depositi delle imprese presso le banche resta sostenuta, denotando una persistente elevata propensione alla liquidità. Da oltre un anno i depositi delle imprese registrano tassi di crescita a due cifre, pari a +20,2% a/a a giugno in Emilia-Romagna. Tale dinamica resta superiore alla media nazionale (+17,3% a/a).

«Le imprese dell’Emilia-Romagna stanno tornando più velocemente del previsto ai livelli di fatturato pre-crisi. Anche i livelli dell’export crescono a livelli superiori anche a quelli del 2019. Questo trend si rafforza con il passare dei mesi in particolare per i settori dimostratisi più resilienti come biomedicale, farmaceutica e distribuzione di beni alimentari, ma anche per elettronica, costruzioni e sistema casa. Nel 2022 ci attendiamo un recupero diffuso a tutti i settori a livelli pre-Covid – ha spiegato Cristina Balbo, Direttrice regionale Emilia-Romagna e Marche Intesa Sanpaolo –. In questa fase non c’è comparto che non sia coinvolto nel processo di digitalizzazione e transizione green, chi investe in queste direzioni avrà gli strumenti per affermarsi. Tra le aziende nostre clienti la digitalizzazione è al primo posto tra le intenzioni di investimento nel 2021. Da parte nostra siamo impegnati a sostenere le esigenze dei nostri clienti gestendo, ove occorre, la scadenza delle sospensioni e delle moratorie con allungamento dei finanziamenti in essere e, soprattutto, sostenendo gli investimenti».

«Un ulteriore tassello – ha sottolineato Cristina Balbo – deve essere la valorizzazione delle filiere, elemento peculiare del tessuto produttivo dell’Emilia-Romagna e del Paese, che dopo essere stato uno dei principali fattori di resilienza durante la crisi oggi può costituire un propulsore per la ripartenza del territorio, con un ruolo cruciale nella ridefinizione delle supply chain e per la diffusione della tecnologia e della digitalizzazione. Il nostro Programma Filiere, che consente alle PMI di ottenere un migliore accesso al credito, è un esempio della nostra fiducia in questo modello: in Emilia-Romagna ad oggi vi hanno aderito 101 aziende capofila con circa 2.700 imprese fornitrici e un giro d’affari di oltre 13 miliardi di euro».

«Il clima di fiducia è molto positivo – dichiara il Presidente di Confindustria Emilia-Romagna Pietro Ferrari – e superiore alle attese. Le previsioni di produzione, ordini interni ed esterni, occupazione sono tutte orientate alla crescita, al netto del settore tessile abbigliamento che resta in difficoltà. Non dobbiamo dimenticare che prima della pandemia il Paese cresceva poco e che i nodi strutturali e le sfide che abbiamo di fronte, a partire dalla gestione ponderata della transizione energetica, riforme e infrastrutture, sono ancora tutti da affrontare. La solidità della ripresa presenta alcuni elementi critici: l’andamento dei contagi e la prospettiva – assolutamente da evitare – di nuove chiusure, gli effetti della scarsità di materie prime e componenti, il rischio di inflazione dovuto all’aumento dei costi energetici e dei prezzi delle materie prime».

Le previsioni dell’indagine semestrale, realizzata da Confindustria Emilia-Romagna in collaborazione con le Associazioni e Unioni Industriali della regione, evidenziano saldi tra ottimisti e pessimisti mai registrati in precedenza. La metà degli imprenditori prevede un aumento della produzione nella seconda metà dell’anno, il 42% una stazionarietà, con un saldo ottimisti-pessimisti di 46 punti, più che doppio rispetto a quanto rilevato ad inizio anno. Positive ma più contenute le prospettive sugli ordini provenienti dall’estero, attesi in aumento dal 36% delle aziende con un saldo ottimisti/pessimisti pari a 27 punti. Per quanto riguarda l’occupazione il 71% delle imprese non si attende variazioni entro fine anno, con un saldo ottimisti/pessimisti positivo e pari a 19 punti (era -12 a metà 2020).

L’ottimismo coinvolge tutte le imprese a prescindere dalla dimensione: le grandi imprese esprimono pareri più favorevoli delle medio-piccole sulla domanda estera e l’occupazione. Rispetto ai settori merceologici i giudizi più positivi sull’andamento della produzione si registrano per chimica/farmaceutica, gomma/plastica, costruzioni e servizi alle imprese. Per quanto riguarda l’occupazione, i segnali più positivi vengono dal metalmeccanico e dai servizi. Il settore tessile/abbigliamento è ancora in difficoltà.
L’indagine ha coinvolto un campione di 400 imprese associate appartenenti al settore manifatturiero e dei servizi, per un totale di 43.831 addetti e un fatturato complessivo di circa 16 miliardi di euro.

«Anche l’occupazione – sottolinea il Presidente regionale degli industriali – mostra evidenti segnali di ripresa e le aziende hanno sempre maggiore difficoltà a trovare risorse umane qualificate. Bisogna accelerare gli investimenti nella formazione e rendere più efficace il sistema scolastico e formativo, così come è necessario rendere la regione più attrattiva per i giovani che arrivano da altri Paesi e regioni italiane».

Ora il punto decisivo è l’attuazione del PNRR: è indispensabile chiarire in tempi brevi quale sarà il coinvolgimento dei territori e con quali modalità operative. «Se vogliamo dare concretezza a progetti e investimenti – conclude il Presidente Ferrari – occorre riconoscere il ruolo fondamentale degli Enti locali e delle Regioni, che dovranno inserire gli interventi straordinari del Piano nel quadro della programmazione dei Fondi Strutturali 2021-27. Dobbiamo essere capaci di accompagnare questa stagione di investimenti pubblici e privati con uno sforzo straordinario di innovazione anche nelle politiche e nella Pubblica Amministrazione».