In Emilia-Romagna sono in aumento i disturbi dell’alimentazione: +31% in un anno

coccarda disturbi alimentari

Lunedì 24 ottobre la commissione politiche per la salute e politiche sociali della Regione Emilia-Romagna e la commissione regionale cultura, scuola, formazione, lavoro, sport e legalità, riunite in seduta congiunta, hanno ospitato l’informativa della responsabile del settore assistenza territoriale della Regione Fabia Franchi e di Alessio Saponaro (responsabile dell’area salute mentale e dipendenze patologiche dello stesso settore) sul programma regionale di contrasto ai disturbi dell’alimentazione e della nutrizione.

Un fenomeno purtroppo in rapido aumento dopo l’emergenza pandemica, con una crescita del 31% delle persone assistite dai servizi regionali tra il 2020 e il 2021, e che riguarda prevalentemente adolescenti e preadolescenti, in particolare di genere femminile. Lo scorso anno sono state 2.008 le persone prese in carico – nel 92,2% dei casi donne, oltre i due terzi nella fascia d’età 12-30 anni – tra centri di salute mentale (1.379 pazienti) e reparti di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza (629 pazienti).

“Il tema è delicato, parliamo di uno dei disturbi più complessi in sanità e serve l’impegno di tutti, con strategie che vadano dalla prevenzione alla cura al rafforzamento della rete”, ha detto la presidente della commissione politiche per la salute Ottavia Soncini, che ha poi sottolineato come in questa fase “sia fondamentale comprendere l’impatto del Covid: i casi sono in aumento, a causa della pandemia, specie tra i più giovani (anche in età pediatrica). Occorre facilitare la richiesta d’aiuto, la conoscenza e l’accesso alle risorse presenti sul territorio, oltre a informare sull’assistenza, perché queste patologie si possono vincere”.

Anche per la presidente della commissione cultura, scuola, formazione, lavoro, sport e legalità Francesca Marchetti “deve esserci un impegno bipartisan sul tema: è fondamentale il ruolo delle famiglie, così come quello delle associazioni, ma importantissimo è anche il ruolo della scuola (per intercettare i nuovi bisogni di ragazzi e ragazze). In questa fase successiva al Covid (che ha acuito il problema) servono nuove risposte”.

Per Marinella Di Stani, psichiatra dell’Ausl Romagna e coordinatrice del tavolo regionale sui disturbi del comportamento alimentare dell’Emilia-Romagna, “è fondamentale il modello organizzativo multiprofessionale e multidisciplinare (è essenziale lavorare in rete)”, e sono necessarie “modalità di accesso omologate in tutti i territori”. Il trattamento ambulatoriale, anche per contrastare i ricoveri, “è il livello di cura più appropriato”, ha detto Di Stani, ricordato che sono 16 i servizi attivi in Emilia-Romagna, che su questo fronte è la prima regione a livello nazionale.

Nel frattempo la Regione si è aggiudicata quasi 1,9 milioni di euro di finanziamenti statali con un progetto mirato alla prevenzione e alla cura dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione, che ha ottenuto il via libera dal Ministero della salute.

Le risorse provengono da un fondo nazionale istituito dal governo Draghi con la legge di bilancio 2021: una dotazione complessiva di 15 milioni per il 2022 e altri 10 milioni per il 2023 per finanziare i piani regionali dedicati alle patologie legate ai disordini dell’alimentazione. Le risorse intercettate dall’Emilia-Romagna, sommate agli 820.000 euro messi a disposizione della Regione, hanno portato a oltre 2,7 milioni l’investimento regionale complessivo.

Il progetto, dal titolo “Linee di intervento per il contrasto dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione (Dna)”, ha come principale obiettivo quello di stabilizzare e consolidare l’attuale modello organizzativo regionale della rete ambulatoriale, basato sull’équipe multidisciplinare per l’intercettazione precoce dei disturbi alimentari, e di garantire prossimità territoriale e adeguatezza delle cure. Tra le altre finalità figurano l’implementazione e l’omogeneizzazione dei programmi Pdta (percorso diagnostico terapeutico assistenziale) in ogni azienda Usl e azienda ospedaliero-universitaria dell’Emilia-Romagna, compatibilmente con le specificità organizzative e territoriali locali.