Festival Aperto Reggio, l’8 e il 10 ottobre al teatro Ariosto l’opera contemporanea “Else”

Else Festival Aperto

Venerdì 8 ottobre (alle 20.30) e domenica 10 ottobre (alle 18) al teatro Ariosto di Reggio il Festival Aperto prosegue con l’opera contemporanea “Else”, che mette in scena le molteplici forme che la violenza e lo sfruttamento del femminile assumono nella società.

Ispirata alla novella di Arthur Schnitzler “La signorina Else”, l’opera – una coproduzione Fondazione Cantiere Internazionale d’Arte Montepulciano e Fondazione I Teatri/Festival Aperto – è stata commissionata al compositore Federico Gardella e alla drammaturga Cecilia Ligorio, che ne firma anche la regia.

Else, giovane viennese di buona famiglia, sta trascorrendo le vacanze presso una residenza alpina. Possiede la bellezza della giovinezza, è vanitosa, sogna l’amore. È sola quando riceve una lettera sconcertante: il padre, giocatore d’azzardo impunito, ha di nuovo perso tutto. La madre scongiura Else di rivolgersi al ricco signor Dorsday, ospite dell’albergo, e chiedergli aiuto costi quel che costi. Ma il costo stabilito dall’inquietante uomo sarà quello di poter godere della nudità di Else. La giovane, in poche ore, precipita in un vortice di sconforto, impotenza, vergogna e angoscia, trascinandola verso un triste – e tragicamente banale – epilogo.

Una storia, una violenza, che non si esaurisce quando si chiude il sipario ma che purtroppo è esperienza reale, che si muove nel quotidiano: “Non esiste nessuna donna, ragazzina, figlia, madre, sorella o amica che non si sia trovata almeno una volta nell’umiliante situazione di sentirsi oggetto inerte di un desiderio volgare e non condiviso, anche se solo per un attimo, anche se in modo superficiale, così superficiale da venire considerato pericoloso o illegittimo”, ha scritto Ligorio: “Else parla dell’abuso di potere sull’intimità, che è forse una delle più insidiose malattie del nostro tempo.”

Per Gardella “la storia di Else è, in effetti, la storia di un precipizio in cui ognuno dei personaggi è, a suo modo, complice. La musica disegna questo precipizio, scolpisce questo strapiombo: così l’opera si chiude con un “lamento”, un lento addio al mondo che ci invita a riflettere sulle nostre fragilità, chiedendoci di proteggerle, come si protegge un bene prezioso”.