Egitto. Ennesimo rinvio (al 28 febbraio) del processo a Zaki: “Spero che questo incubo finisca presto”

Patrick Zaki Egitto capelli corti

Martedì 29 novembre a Mansura, in Egitto, si è conclusa con l’ennesimo rinvio – questa volta al 28 febbraio 2023 – l’udienza del processo a carico di Patrick Zaki, il ricercatore egiziano di 31 anni dell’Università di Bologna accusato di “diffusione di notizie false” per un articolo giornalistico del 2018 (“Displacement, Killing & Harassment: A Week in the Diaries of Egypt’s Copts”) relativo alla situazione della minoranza cristiana copta in Egitto. I capi d’accusa rientrano nei reati contro la sicurezza dello Stato egiziano: se confermati, potrebbero costargli una condanna fino a 5 anni di reclusione.

“Spero che questo incubo finisca presto e di poter tornare a studiare in Italia normalmente e avere la possibilità di lavorare sul mio recupero personale”, aveva scritto lo stesso Zaki su Facebook poche ore prima dell’aggiornamento della data dell’udienza: “Sono grato a tutti gli amici per il loro infinito sostegno. A ogni sessione ricevo un enorme numero di messaggi di sostegno e amore che mi fanno sentire di non essere solo in questa difficile esperienza e mi dà qualche speranza che qualcosa di bello possa accadere presto”.

Pur essendo formalmente libero da quasi un anno (era il dicembre del 2021), dopo 22 mesi di custodia cautelare in carcere, sul ricercatore e attivista per i diritti umani pende ancora un divieto di espatrio che gli impedisce di lasciare il paese nordafricano per fare ritorno in Italia, anche solo temporaneamente.

Nel suo post Zaki ha ricordato proprio il periodo trascorso in cella: “Una delle più importanti crisi di chi è stato in carcere è che non esci dalla tua prigione, anche se esci dalle sue mura: la prigione ti rimane dentro per molto tempo per accompagnarti nel resto del tuo viaggio. Nonostante tutto cerco di sforzarmi per superare quell’esperienza. Mantenere la propria sanità mentale è il lavoro più difficile dentro la prigione”.

Per il portavoce italiano di Amnesty International Riccardo Noury il rinvio al prossimo 28 febbraio “è abnorme, perché è il nono a cui assistiamo”, ha dichiarato all’agenzia di stampa Dire, ricordando che il nuovo appuntamento in aula “avverrà quando saranno stati superati abbondantemente i tre anni dall’inizio di questa vicenda giudiziaria”.

“Va ricordato – ha aggiunto Noury – che Zaki è sotto processo per aver difeso la sua comunità, la minoranza cristiano-copta, parlando in un articolo delle discriminazioni che subisce in quanto lui stesso è membro di quella minoranza. Neanche questo argomento può interessare il nostro attuale governo? Dopo l’incontro tra la premier Meloni e il presidente egiziano Al-Sisi (avvenuto a margine della conferenza Onu sul clima Cop 27, ospitata dal 6 al 18 novembre scorsi a Sharm El-Sheikh, in Egitto, ndr) si era detto che il calendario avrebbe fornito subito un’occasione per verificare se quel colloquio avrebbe portato qualcosa di nuovo. La notizia che ci arriva da Mansura oggi dice di no. È tutto come prima: ci sono questioni sui diritti umani tra Italia ed Egitto che non si riescono ad affrontare”.