Ecologia per la mente

socrate

L’articolo precedente ha introdotto una tematica cara alla filosofia, che ci accompagnerà in questo e successivi articoli.

Ho ricevuto delle critiche e dei solleciti rispetto al fatto che l’articolo era superficiale, trattava delle tematiche così importanti in modo banale. È vero, devo dare ragione e ringraziare la persona che in privato mi ha scritto ed invito qualsiasi lettore a contattarmi o scrivere nei commenti ciò che desidera esprimere ed a sollevare critiche quando nota delle mancanze di approfondimento o non si trova d’accordo.

Cerco dunque di approfondire l’argomento. La filosofia “Viva” muove i primi passi e le sue ricerche dall’opinione, dalla doxa come affermava Socrate.

Con l’opinione si muovono i primi passi spesso in buona fede, ma il terreno è sdrucciolevole e scivoloso, quindi bisogna essere accorti.

Nietzsche racconta di un popolo che coniò moneta sapendo che era un pezzo di metallo placato oro… Con il passare degli anni tutti si dimenticarono che questa moneta era un simbolo e iniziarono a credere fosse il vero tesoro, anche se con il passaggio di mano in mano la moneta perdeva la sua patina superficiale, mettendo in luce il metallo povero sottostante.

L’esperienza con la Verità per molti è caratterizzata nel credere ciecamente nella sua esistenza in sé, nel credere che essa sia qualcosa di eterno, oggettivo ed immutabile. Altri credono in un paradiso a venire, in un mondo al di là del mondo, che non si può toccare e perciò oltre la materia, e quindi in una verità che si scoprirà dopo la morte.

La Verità con la V maiuscola è però come la verdura, appassisce e diviene marcia. Ma andare contro la doxa, para-doxa, è un’esperienza trasgressiva. Socrate pagò questa trasgressione con la morte, come pagarono molti grandi Maestri dell’umanità.

Al di là di come ognuno si rappresenta la verità, Kant ci propose una rappresentazione di come un oggetto viene percepito, ovvero sono i nostri schemi o categorie mentali che determinano il modo in cui un oggetto viene percepito. Come Copernico aveva messo il Sole e non la Terra al centro dell’Universo, così Kant pose il soggetto umano al centro del processo conoscitivo.

Se osservo i pensieri che mi circondano, sono essi che producono l’orizzonte di verità da cui sono attratto.
Sono i pensieri che stanno alla base a produrre la verità che respiro e di cui mi nutro. Questo la dice lunga su tutte le nostre rappresentazioni, e a questo punto possiamo fare un lavoro di pulizia della mente, possiamo prenderci cura dei pensieri che ci abitano per arrivare a intuire da quali idee di pensiero essi siano prodotti. Intuire, appunto, perché per Kant le idee alla base del pensiero non sono conoscibili.

L’ecologia della mente parte da un lavoro individuale, introspettivo, i cosiddetti nemici in realtà sono una proiezione che fabbrichiamo in casa per difenderci da ciò che di più profondo si muove dentro di noi. L’ipotesi del complotto è quindi una nostra emanazione.

È visibile questo fenomeno nelle giornate reputate nere, in cui niente va per il verso giusto; se osserviamo la natura dei pensieri e delle emozioni ne scopriremo l’origine.
Credere al complotto o a qualsiasi verità di fede è un modo per mettere la parola fine alla ricerca di se stessi, all’osservare l’originarsi della Verità.

Possiamo decidere di porci nei confronti di ciò che accade come cammelli che portano pesi pesanti, quindi essere schiavi di un’ideologia, oppure al contrario possiamo essere come cani che abbaiano legati alla catena ma pur sempre soggetti ad un’ideologia; in quest’ultima categoria rientrano i sostenitori del complotto. Possiamo infine essere come dei bambini che attraverso il loro gioco distruggono e creano contemporaneamente.

Nietzsche attraverso queste metafore mostra i tre diversi approcci nei confronti di ciò che accade.
Posso affermare di aver fatto esperienza di tutti e tre e penso che durante l’arco della giornata possiamo esperirli tutti quanti indistintamente. Essi dipendono dalla natura dei pensieri di cui ci nutriamo.