Un pezzo d’Emilia al Festival della canzone

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Sono molte le cose che ricorderemo di questo Sanremo 2022. Il terzo targato Amadeus, ed anche quello meglio riuscito, in termini di ascolti e di eterogeneità.

Sicuramente rimarranno gli outfit di Orietta Berti – che insieme a Fabio Rovazzi conduce dalla nave sponsor del Festival – estremamente moderna ed autoironica, consapevole provocatrice di rumor, sempre in grado di strappare un sorriso istintivo e capace di diventare virale su web: prima vestita da rosa con tanto di spine in un look futuristico che ricorda Goku di Dragonball; poi da Madam Mim e ancora da <<piumino da cipria, perché volevo omaggiare un accessorio che noi artisti usiamo molto>>.

Risponde così ad un incalzante Amadeus che si chiede cosa indosserà, a questo punto, durante la serata finale e rincara: <<anche le tue giacche sono sexy, anche se preferisco Achille Lauro a petto nudo>>.

Perché a curare l’immagine “dell’usignolo di Cavriago”, in questa esperienza, è proprio Nick Cerioni, non a caso, lo stesso stylist di Achille Lauro e dei Maneskin.


Fa discutere, invece, Iva Zanicchi, che imbarazza platea e conduttore, in un dialogo con Drusilla Foer che parte dalla considerazione di quanto sia alta la co-conduttrice e che fa precipitare la sua popolarità e sempreverde simpatia: <<Lei, ha anche altre cose in più di me>>. Troncata da un <<si, sono colta>>, che gonfia il pubblico di rabbia e non giova ad una classifica generale che sarebbe stata – in terza serata – determinata dal televoto da casa.
C’è sempre un gap tra quanto piaccia ai critici e quanto, poi, diventi realmente un successo sul mercato. E poco c’entra il televoto che, ancora a pagamento, è possibilità – o ancora prima, consuetudine – di un profilo utente più maturo.

La tradizione nazional-popolare, vuole quindi nelle posizioni più alte della classifica, i classici, eccezion fatta per Mahmood e Blanco, o Elisa, che aldilà della qualità intrinseche, sfondano il muro dell’anagrafica cliente.
Morandi, Ranieri, la stessa Iva Zanicchi, reggono le bastonate delle rispettive serate d’esordio e salgono rispettivamente al terzo, settimo e diciottesimo posto.

Arma chirurgica, quella che ha fatto rientrare di diritto nei big, dopo aver passato la selezione a Sanremo Giovani, tre nuove leve, naturalmente massacrate dal nuovo meccanismo di selezione: Yuman non arriva, e fin dalla prima serata; Tananai non è pronto e non azzecca una nota, nonostante la canzone sia piacevole e abbia potenzialità; mentre Romano, visibilmente cucciolo, non fa una sbavatura, ma agli occhi di pubblico e critica, viene comunque penalizzato, come se ci fossimo scordati di Laura Pausini agli esordi e della sua “Solitudine”.
Laura che ritorna, con lode, da ospite d’onore, sul palco dell’Ariston anche quest’anno, per annunciare non solo che guiderà insieme a Mika e ad Alessandro Catellan l’edizione 2022 dell’Eurovision Song Contest, ma anche per presentare “Piacere di conoscerti”, produzione Amazon Original, su Prime Video dal 7 aprile, diffuso in 240 Paesi e territori in tutto il mondo: un film che nasce da un’idea originale di Laura Pausini – scritto insieme ad Ivan Cotroneo (La kryptonite nella borsa, Un bacio) e Monica Rametta (Un bacio, Il volto di un’altra) – che nasce dalla domanda su cosa sarebbe successo se quella sera del 1993 Laura non avesse vinto il Festival di Sanremo.

La regina del pop italiano è per la prima volta davanti alla macchina da presa in un progetto che conferma il suo amore per la settima arte e che svelerà al pubblico la sua vera anima, attraverso scorci inediti della sua vita privata e professionale, dandole anche la grande opportunità di scoprire aspetti di sé e del suo mondo mai visti e immaginati, che per la prima volta saranno svelati al pubblico. Per raccontare la sua storia, Laura – la prima donna nella storia della musica italiana nominata agli Academy Awards – torna sui suoi passi, dall’infanzia a tutte le tappe di una straordinaria carriera e alla quotidianità, immaginando per la prima volta quello che sarebbe potuto succedere se non avesse avuto la fortuna e la costanza di vivere una vita da star globale.

Tra gli special guest, sul palco e – ammette – <<ora che spunta qualche pelo bianco sulla barba>>, anche Cremonini: vent’anni di carriera, un medley poetico e i portici di Bologna, per la prima volta al Festival di Sanremo. È in arrivo un album, è vero, «La ragazza del futuro», trainato dall’omonimo singolo; ma aldilà della promozione, l’immensa gratitudine è dovuta alla possibilità di ritornare ad esibirsi live, dopo anni – per tutti – di grande sofferenza e abbattimento.

Nella quarta serata, dedicata alle cover del quarantennio che va dagli anni ’60 agli anni ’90, con gli artisti in gara in duetto con un ospite a scelta, Amadeus sarà affiancato da Maria Chiara Giannetta e ritroveremo i Pinguini Tattici Nucleari in collegamento dalla nave, mentre all’Ariston arriverà Lino Guanciale, per presentare i suoi prossimi ruoli nelle fiction Rai Noi, rivisitazione della serie evento in America “This is Us”, e Sopravvissuti.

E dato che tutti, prima virologi epidemiologi poi critici musicali, avrete modo di dire la vostra, per approfondire e riflettere su come sia cambiato il Festival in questi settantadue anni di vita, vi segnalo l’uscita di “SANREMO IL FESTIVAL – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin”, edito da D’idee, il primo libro del giornalista Nico Donvito, profondo estimatore, studioso e osservatore della kermesse canora: «Ho riflettuto su quanto sia cambiato il Festival negli anni e su quanto, per certi versi, sia rimasto socialmente uguale e irrimediabilmente fedele a se stesso. Dalla ricostruzione post bellica alla ricostruzione post-Covid, per intenderci. Nel corso dei decenni, Sanremo ha raccontato il nostro Paese, in tutti i suoi pregi e i suoi difetti. Seppur con una liturgia tutta sua, la rassegna ha saputo rinnovarsi pur mantenendo intatta la propria natura. In fondo, come potremmo definirla se non una ruspante rappresentazione allegorica, in note e paillettes, di un’Italia che cambia e che, per certi aspetti, non vuole mai cambiare?».