Le associazioni economiche regionali Confcommercio e Confesercenti Emilia-Romagna, in attesa del nuovo Dpcm che dovrà stabilire le nuove regole per la gestione dell’emergenza pandemica, che saranno in vigore a partire da sabato 16 gennaio, non hanno nascosto le difficoltà della situazione attuale, che continua a prevedere la chiusura delle attività della ristorazione e dei pubblici esercizi “senza prospettive di riapertura, ma addirittura di ulteriori limitazioni”: ipotesi, quest’ultima, che “ha portato all’esasperazione le imprese del settore e rischia di portare al fallimento decine di imprese, con la perdita di centinaia di posti di lavoro”.
“Le imprese, in modo molto responsabile, finora hanno mantenuto un grande equilibrio, rispettando le regole e adeguando le loro attività alle diverse disposizioni, anche con investimenti di notevole entità”, hanno ricordato Confcommercio e Confesercenti, sottolineando tuttavia che questi sforzi “non sono riconosciuti e si continua a guardare a questo settore come una delle cause principali della diffusione della pandemia, pur in assenza di dati a conferma di questa tesi”.
Secondo le due associazioni, questo atteggiamento “favorisce anche l’organizzazione di iniziative di dubbia efficacia e pericolose per le imprese, i lavoratori e la clientela”. Il riferimento è in particolare all’iniziativa #IoApro, organizzata per la giornata di venerdì 15 gennaio: una protesta che prevede l’apertura al pubblico di bar e ristoranti (anche negli orari e nelle regioni in cui è tuttora in vigore il divieto) per far entrare i clienti, che si siederanno simbolicamente ai tavoli pur senza poter consumare, scattando foto e registrando video da pubblicare poi sui social per solidarizzare con la categoria degli esercenti.
Iniziativa dalle quali Confcommercio e Confesercenti si sono immediatamente dissociate in modo netto “in favore di un atteggiamento che rimane all’interno della legalità”, pur ammettendo che “sono la manifestazione di un disagio e di una situazione di difficoltà”. “Non è più possibile – hanno concluso le due associazioni – continuare a tener chiuse queste aziende. Occorre il coraggio di consentire loro di riaprire e riguadagnare dignità e prospettive, aggiornando eventualmente i protocolli vigenti ma trattando queste imprese come quelle degli altri settori economici”.
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