Bologna. Il caso Favia che fa tremare i social

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La vicenda in sé (così come il protagonista, che non ha più incarichi politici e ora fa il ristoratore) non è particolarmente eclatante, ma i risvolti che potrebbe avere rischiano invece di essere alquanto pesanti. Per tutti coloro che utilizzano i social e non solo per i tanti (decisamente troppi…) leoni da testiera che vi imperversano.

Giovanni Favia, ex consigliere regionale e comunale a Bologna del Movimento 5 Stelle, rischia di essere processato per diffamazione. Non per quello che postò su Facebook nel maggio 2020, in piena pandemia, quando venne multato nel suo ristorante in via del Borgo di San Pietro perché non indossava la mascherina. Ma per 3 degli 871 commenti che ci finirono sotto.

I due vigili urbani – la cui foto era stata inserita nel post – hanno infatti querelato l’ex grillino per averli “esposti al pubblico ludibrio”. Compresi quei 3 commenti offensivi rispetto ai quali, secondo il giudice per le indagini preliminari, Favia “non può ritenersi estraneo in quanto titolare e amministratore della pagina”.

Ora dovrà essere la Procura a decidere se eventualmente formulare l’imputazione di diffamazione aggravata nei confronti di Favia. Certo, se venisse accolta la tesi del gip che ha di fatto assimilato il titolare di un profilo Facebook al blogger che “risponde del delitto di diffamazione per gli scritti pubblicati sul proprio sito da terzi quando, non venutone a conoscenza, non provveda alla loro rimozione”, ogni persona dovrebbe passare il suo tempo non solo a postare, ma anche a controllare (ed eventualmente rimuovere) scrupolosamente ogni commento.

Favia, interpellato dall’Ansa, si dice tranquillo: “Questo provvedimento mi sembra surreale e sono incredulo, peraltro non mi è stato notificato niente: ora se ne occuperà il mio avvocato Francesco Maisano e sono sicuro che dimostreremo la mia estraneità a quest’accusa. Non potevo avere il controllo di tutti i commenti che venivano scritti sulla mia pagina, non sono una testata giornalistica. E la responsabilità di ciò che si scrive su Facebook è personale, non possono certo prendersela con me per quello che scrivono altri. C’è una giurisprudenza consolidata, finirà tutto in niente”.

Se la vicenda partorirà una nuova giurisprudenza, sarà il tempo a dirlo. Nel frattempo, conviene comunque stare molto attenti non solo ai nostri post, ma anche ai commenti (e ai commenti dei commenti) che ci finiscono sotto. Perché proprio ieri il Tribunale di Reggio Emilia ha condannato a circa 9.000 euro di risarcimento (spese legali comprese) un calzolaio in pensione di Brescello per aver offeso la sindaca Elena Benassi in un commento ad un commento ad un post di Facebook. Novemila euro per averle dato dell’ “oca giuliva”, nemmeno l’offesa più grave tra le tante che purtroppo si leggono sui social…