Al MuVi di Viadana, quando Scienza e Arte si incontrano: una mostra e un libro

Marco Ruini con Paolo Conti, che ha curato l’allestimento

Ultimo fine settimana per visitare la mostra di Marco Ruini, nella bella ampiezza di spazi del MuVi di Viadana. Accanto alle tele di grandi dimensioni e ai dipinti ad olio, per la prima volta riunite in una mostra, i vasi e i piatti con cui il neurologo e neurochirurgo Ruini, da anni, sembra uscire dalla propria specialità per dedicare tempo all’arte, affrontando in realtà – attraverso argomenti quali il privilegio, l’ingegneria genetica, l’antropocene, i rapporti generazionali, l’educazione e le capacità di apprendimento del cervello, l’astrazione, la memoria e tanto altro – temi connessi con la sua ricerca scientifica, che lo ispira e che traduce visivamente in un universo segnico molto fedele al reale eppure che sa di fantastico.

Una cifra stilistica personalissima, in cui l’accurata rappresentazione dei dettagli compositivi, la scelta dei colori, gli ori, gli ingrandimenti spropositati “rubati” ai microscopi del laboratorio che si fondono con intrichi vegetali e creature palpitanti di vita, costruiscono arazzi – o, citando una sua opera, “florilegi” – complessi eppure in cui lo sguardo trova continuo motivo di richiamo e di stimolo. Solo a una più attenta lettura emergono, tra improbabili gemme vegetali scintillanti come pietre dure sfaccettate e strani uccelli che sbocciano da rami fronduti, altri e altrettanto suggestivi livelli di significato, con cui il Dott. Ruini pare voler accompagnare lo sguardo – e la mente – di chi osserva su territori non sempre così poetici, anzi spesso di rottura con un pensiero comune o della rivolta che vorrebbe avere la ragione, preferendo instillare il dubbio – su tematiche del nostro quotidiano – e la curiosità – su aneddoti della storia invece certi -, per una rivisitazione storica, artistica e addirittura sociale che la lente delle neuroscienze contribuisce a certificare come possibile.

Sul filo continuo della multidisciplinarietà e spaziando con similare leggerezza tra metamorfosi botaniche e società malate, il minuzioso scorrere del pennello viene accompagnato, come in un silent book che prima va guardato e a cui poi si aggiungono le parole, magari col pensiero, da un dialogo aperto che l’artista-medico propone nei suoi incontri e conferenze al pubblico. Con l’intento dichiarato di voler costruire ponti facilmente percorribili tra i saperi, le esperienze e i punti di vista. Così è stato in sede di mostra con due serate a tema, su arte e scienza, e con il libro “Con gli occhi e con la mente. Contaminazioni tra arte e scienza” (curato per l’editrice Consulta da Elisa Pellacani e con una corposa parte a catalogo fotografata da Laura Sassi), in cui l’autore nei primi cinque capitoli mette sul tavolo una serie di spunti documentati e ampissimi sulla percezione, l’estetica, le neuroscienze, la bellezza. La seconda parte del libro racconta invece più da vicino alcuni dei suoi quadri, fornendo chiavi di lettura per entrare tra i molteplici significati e rimandi della sua pittura ma, al tempo stesso, semplificando, quasi si trattasse di un abecedario certo un po’ atipico ma didascalicamente illustrato, alcuni dei passaggi tutt’altro che semplici di questo intricato connubio tra sentire e capire.

Autore di romanzi e raccolte di poesie, Marco Ruini negli ultimi dieci anni dirige la rivista “Anemos”, che accoglie interventi e esperienze da campi professionali diversi per allargare la conoscenza delle neuroscienze; esce, quasi in contemporanea con il suo libro, il suo articolo “Il giardino dell’antropocene”, nel recentissimo “Garden Books. Libri d’artista, giardini della mente” (stessa editrice, 2022), che va idealmente ad aggiungersi, o a proseguire, un contributo di luminosa generosità perché il giardino, che sia quello reale segno delle storie degli uomini o quello metaforico della nostra mente, lasci intravedere, oltre il labirinto in cui spesso ci si vede perdere, il cancello per uscire negli spazi aperti del possibile.