Guardate bene la Pietà di Michelangelo

don Giuseppe Dossetti Centro Giovanni XXIII Reggio Emilia

“Piena di grazia”: sono le parole della prima preghiera che impariamo dalle nostre mamme, rivolgendoci a Maria, alla sua immagine di tenerezza. Esse sono spesso anche le ultime, come nel caso di Buonconte da Montefeltro, nella Divina Commedia: “Quivi arriva’ io forato ne la gola, fuggendo a piede e sanguinando il piano. Quivi perdei la vista e la parola; nel nome di Maria fini’, e quivi caddi, e rimase la mia carne sola. (Purgatorio 5,98-102).

La traduzione esatta sarebbe: “fatta oggetto della grazia divina”, di una scelta di amore gratuito e definitivo. La parola “grazia” è effettivamente una delle più sintetiche della Bibbia. Essa indica anzitutto l’atteggiamento di Dio verso la sua creatura: esso è un amore originario, che non dipende dalle qualità o dai meriti dell’amato: “Essi non compresero che avevo cura di loro: io li traevo con legami di bontà, con vincoli d’amore, ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua guancia … Come potrei abbandonarti, Efraim, come consegnarti ad altri, Israele? Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione” (Osea 11,3- 8).

Questa grazia gratuita rende grazioso l’amato. L’intuizione degli artisti sa cogliere la bellezza di Maria, che è anzitutto una bellezza spirituale. Vi invito a guardare la Pietà di Michelangelo, che si trova in san Pietro a Roma. Nella giovane donna, che sorregge il Figlio morto, c’è la tenerezza del gesto, ma i suoi occhi non lo guardano. Ella è assorta nella contemplazione del mistero, nella memoria della parola pronunziata dall’angelo. C’è tanta forza, in quel braccio e in quella mano: quel corpo, lo stringe a sé, è suo; ma, nello stesso tempo, ella lo offre. Lo offre a Colui che glielo aveva donato e si fa pure strumento dell’offerta di grazia, appunto, di perdono e di amore, che Dio fa ad ogni uomo.

La grazia si trasforma in gratitudine. Immagino il cuore di Maria sotto la croce. Le sue viscere di madre sono dilaniate, certamente; ma ella sa che la morte, quella morte, non può essere l’ultima parola. Ella vuole ciò che vuole il Figlio, vuole accettare anche la parola che egli le rivolge, accennando all’ultimo discepolo rimasto, Giovanni, che rappresenta tutte le generazioni che verranno: “Donna, ecco tuo figlio”. Sono parole che già alludono alla Pasqua, al mattino della risurrezione. Non si tratta di un risarcimento, ma dell’inizio di una nuova possibilità, per tutti. Si ripresentano alle sue labbra le parole che aveva pronunciato in casa di Elisabetta: “Il Signore ha guardato alla povertà della sua serva”. Povera, certamente; ma “d’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata” (Lc 1,48).

C’è dunque una missione da compiere, una maternità da dilatare. La storia della devozione a Maria nella Chiesa non è un’ingenua idolatria. Il popolo cristiano non si sbaglia, nella sua fede concorde, ci ha ricordato il Concilio Vaticano. E’ lei stessa, Maria, che cura il senso del suo rapporto con la Chiesa e con ciascun uomo. La storia delle sue apparizioni, a cominciare da quelle più esplicitamente riconosciute, è la storia di una madre che ha cura dei più piccoli, degli abbandonati, dei disprezzati.

Voglio ricordare la storia delle apparizioni di Guadalupe, in Messico, nell’anno 1531. Ella apparve a un povero contadino indio, sotto le spoglie di una giovinetta dalle fattezze meticce. Come segno dell’autenticità della sua presenza, ella fece trovare all’indio un fascio di rose e, quando costui le consegnò al vescovo, ci si accorse che l’immagine della Virgen morenita era rimasta impressa nella rozza tela della tilma, del mantello.

Non si può esagerare l’importanza di questo evento per il popolo messicano, anzi, per tutti i popoli indios dell’America Latina. La conquista europea aveva distrutto non solo i loro stati e le loro tradizioni, ma la loro stessa identità. Il Cristo dei Conquistadores era simbolo di guerra, di morte e di umiliazione. Maria si mise dalla parte dei disprezzati e così restituì loro dignità.

Guadalupe è il santuario mariano più visitato al mondo, con venti milioni di pellegrini ogni anno.