“Una vita partigiana”

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7.3

«Siamo arrivati a Reggio [percorrendo la SS. 63, NdR] sul cassone di un camion. In piedi, cercando di cantare, di salutare la gente quando attraversavamo i paesini, passavamo davanti alle case … Ormai giunti ci siamo fermati e siamo scesi dai camion: tutti a piedi, non so se per scelta o per un guasto. Era quasi sera. La sera del 24 aprile. Ricordo una città spettrale, irriconoscibile. Noi che corriamo, gente che ci viene incontro e saluta felice, qualcuno che ci suggerisce di non camminare in mezzo alla strada, nessun rumore di aerei, qualche scoppio o sparo». Reggio è libera dai nazifascisti.

La lettura di libri come questo è come spalancare una finestra su una vallata alpina, non importa la stagione, perché comunque l’aria che ci investe è diversa da quella che respiriamo tutti i giorni. Fresca o pungente che sia, ti apre i polmoni e l’ossigenazione ti spalanca la mente. Un terzo occhio, diciamo con molta libertà espressiva.

Teresa Vergalli, classe 1927, reggiana di San Polo d’Enza, partigiana combattente nella 144a bgt “Garibaldi”. Famiglia contadina, come la maggior parte delle famiglie reggiane di quegli anni. Pochi soldi, la durezza del lavoro della terra. Ma per lei, e poi per il fratello minore Orio, i genitori vogliono una vita diversa. Studierà per fare la maestra. Ci riuscirà. Dopo la durezza della guerra, si diploma da privatista. Due anni di lavoro politico soprattutto nelle organizzazioni femminili reggiane, in particolare nell’Ari (Associazione ragazze italiane). Nel 1947 «ho ricevuto la proposta di un incarico annuale come maestra»: Vaglie di Ligonchio. Senza abbandonare la politica. Dopo la «campagna elettorale di quel disgraziato 1948», nel giugno di quell’anno, sposa Claudio Truffi, partigiano (la sua biografia, scritta da Teresa Vergalli, la potete trovare sulla rivista di Istoreco “RS-Ricerche Storiche”, n. 101/2006). La vita di Teresa cambia, si trasferisce, insieme al marito, nominato vicesegretario del Pci, a Novara. Lei è redattrice di un giornale locale, “La Lotta”. Poi altri cambiamenti: destinazione Roma, dove nascono i due figli, Alberto e Corrado. Incarichi diversi, prima all’Udi (Unione donne italiane) poi alcuni incarichi incarichi statali al ministero della Pubblica istruzione e, nei primi anni Sessanta, vince il concorso magistrale.

«Tornare a insegnare è diventato per me un altro modo di fare la stessa cosa: guardare avanti. Con la politica cercavo di plasmare il futuro parlando con le persone, curando le pubblicazioni, mobilitando le donne; con l’insegnamento avrei potuto fare lo stesso ma in maniera più profonda. Si trattava di dotare le nuove generazioni degli strumenti per interpretare la realtà, per osservarla criticamente, e di conseguenza per non averne paura. Erano gli stessi valori che avevo provato a raccontare ai partigiani e alle donne durante la guerra, gli stessi valori in nome dei quali mi ero alzata ogni mattina dal 26 aprile 1945: semplicemente, li avrei tenuti vivi diversamente».
Insegnerà a Roma, prima in un quartiere sulla via Appia chiamato dei Cessati Spiriti e, poi, nel 1976, approderà alla Don Paolo Abera di Cinecittà-Don Bosco. Vi rimarrà fino al pensionamento, raggiunto nel 1999.

(Teresa Vergalli, Una vita partigiana, Mondadori, 2023, pp. 161, 18,00 euro recensione di Glauco Bertani).

 

(Si ringrazia la Libreria del Teatro, via Crispi 6, Reggio Emilia).

I nostri voti


Stile narrativo
7
Tematica
9
Potenzialità di mercato
6