Tre domande a… Pierluigi Castagnetti

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Pierluigi Castagnetti (*), i rapporti tra l’area popolare e la segretaria Schlein sono migliorati dopo il convegno di Roma?

Il tempo ci dirà. Sicuramente la Schlein ha fatto affermazioni di riconoscimento circa l’apporto del cattolicesimo democratico nella formazione del Pd che non aveva fatto prima. E’ probabile che girando nella periferia del paese, oltre che del partito, abbia avuto la possibilità di constatare una presenza importante dei cattolici, risultati tra l’altro decisivi nel recupero di alcune amministrazioni comunali prima gestite dalla destra, come a Vicenza, Udine e Foggia. Ma soprattutto ha potuto conoscere anche al nostro convegno una realtà di associazioni ed esperienze di volontariato che rappresentano anche oggi ciò che tiene unito questo paese. Ignorare tutto ciò per il Pd sarebbe assurdo.

In questo Pd i cattolici possono sentirsi davvero a casa?

I cattolici, diceva Moro, sono sempre inappagati per definizione. È un destino faticoso, ma pur sempre “un destino grande”.

Lei ha parlato di una federazione delle opposizioni da costituire dopo le Europee. A cosa pensa esattamente?

Penso che divisi si perde. Anche alle ultime elezioni fossimo stati uniti non ci sarebbe la Meloni a Palazzo Chigi.
Non riusciamo a unirci perché tra i capi e i capetti dell’opposizione c’è troppa competitività? Si cerchi allora un federatore esterno, come fu Prodi a metà degli anni novanta del secolo scorso.

(*) Ex parlamentare, presidente dell’Associazione nazionale I Popolari



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