Il virus influenza di specie A è stato identificato il 26 settembre 2020 dalla Prof.ssa Flora De Conto, dalla prof Maria Cristina Arcangeletti e nei Laboratori di Virologia Molecolare e Virologia Isolamento agenti virali dell’Unità di Virologia, diretta dalla prof Adriana Calderaro, Direttore della Scuola di Specializzazione in Microbiologia e Virologia del Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Università di Parma.
L’impiego di tecnologie molecolari avanzate, in sinergia con metodi colturali convenzionali, in uso presso l’unità di Virologia, ha permesso una diagnosi rapida di infezione da virus influenza A da un aspirato naso-faringeo di un bambino di 9 mesi ricoverato nel reparto di Pediatria – Sezione Infettivi; il bambino era stato ricoverato il giorno prima con febbre e difficoltà respiratorie riferite a una generica affezione dell’apparato respiratorio per la quale non era stato formulato un sospetto clinico di influenza. Nello stesso campione biologico dello stesso paziente è stato anche identificato Rhinovirus, agente responsabile del raffreddore comune, documentando un’infezione mista dai due virus.
Si stima che ogni anno le infezioni causate da virus influenza, che circola causando episodi epidemici ricorrenti e generalmente collocati nella stagione invernale nei Paesi a clima temperato, siano responsabili di 3-5 milioni di casi con quadri clinici severi, soprattutto per quanto riguarda i soggetti maggiormente a rischio, rappresentati da bambini, persone anziane e individui affetti da malattie cardiache e respiratorie croniche.
Questo è dovuto all’elevata variabilità dei virus influenzali, con possibilità di modificazioni legate, principalmente, al loro genoma segmentato e alle possibili variazioni all’interno degli stessi segmenti genomici, o addirittura allo scambio di alcuni di essi tra ceppi virali diversi, favorendo l’emergenza di virus “nuovi”, responsabili di quadri clinici molto severi e spesso mortali. La variabilità del virus influenza è rilevante soprattutto se riguarda le maggiori proteine virali di superficie (denominate con le iniziali “H” per emoagglutinina e “N” per neuraminidasi), che esistono in diverse combinazioni circolanti nella specie umana e in tante altre specie di mammiferi e uccelli; quelle attualmente circolanti nell’uomo sono H1N1 e H3N2, con fluttuazioni annuali della loro presenza.
Il virus influenza A identificato all’Unità di Virologia appartiene al sottotipo H3 di emoagglutinina (verosimilmente associato al sottotipo N2 di neuraminidasi), ossia uno dei sottotipi, assieme a H1, circolanti ormai da anni nell’uomo, anche se con fluttuazioni annuali della loro presenza.
Infatti, in linea con i dati di sorveglianza epidemiologica europea, anche all’unità di Virologia è stata osservata una prevalenza di influenza A H3 nella stagione epidemica invernale 2016-17, un’inversione di tendenza con prevalenza assoluta di influenza A H1 nel 2017-18, una co-circolazione di entrambi i sottotipi nelle stagioni epidemiche invernali 2018-19 e 2019-20.
L’identificazione del virus Influenza A nel mese di settembre è rilevante anche dal punto di vista epidemiologico in quanto dimostra che la circolazione di virus influenzali non è strettamente limitata alla sola stagione invernale e ribadisce la necessità di attuare da parte degli specialisti controlli puntuali e di applicare metodi diagnostici sofisticati, in grado di permetterne il rilevamento in maniera precoce e accurata.
Inoltre, un altro aspetto molto significativo riguarda il contestuale rilevamento, nello stesso campione dello stesso piccolo paziente, di un secondo agente virale, un Rhinovirus, la cui infezione può essere associata non solo al comune raffreddore.
In conclusione, la disponibilità di strumenti all’avanguardia e, soprattutto, la professionalità e l’esperienza pluriennale dell’équipe operante nella UO di Virologia, offrono non solo la possibilità di fare diagnosi di laboratorio accurata e rapida di agenti virali dell’apparato respiratorio, quali il virus Influenza, ma hanno l’ulteriore vantaggio di poter mettere in evidenza anche possibili co-infezioni, aspetto di fondamentale importanza data la nota possibilità di cooperazione tra virus anche geneticamente non correlati, come in questo caso, con possibile aggravamento dei quadri clinici connessi. Questi risultati, di grande utilità per i pazienti, sono possibili anche grazie al supporto della continua attività di ricerca condotta sugli stessi virus nel medesimo Centro, che ha un’attività scientifica documentata da pubblicazioni su prestigiose riviste scientifiche, tra le quali la più recente è relativa al primo caso di isolamento del virus Sars-CoV-2 da un lattante del quale è in corso il sequenziamento genico.
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