Tuo figlio di sei anni ha la febbre e la tosse. Lo tieni a casa da scuola. Il pediatra ti dice che non è una normale influenza. Ti consiglia di fare il tampone. Lo potrai fare tra tre giorni. Nessuno lo fa più rapidamente. Passano i giorni. Il tampone risulta positivo. Avverti, a scuola, chi devi avvertire. La classe deve essere messa in quarantena o no? Mistero. Qualcuno ti dice: Se il bambino non va a scuola da più di 48 ore, cioè da più di due giorni, non è necessario.
Anzi, meglio non diffondere troppo la notizia per via della privacy. Chi decide è l’Asl: che però, attualmente, è in tilt e silenziosa. Dunque, ricapitolando: basta non riuscire a fare nessun tampone a un bambino entro 48 ore, come accade in queste settimane, e la logica ci dice che è impossibile che una classe, qualsiasi classe, sia messa in quarantena. Anche se a inizio anno scolastico non sembrava che le cose dovessero andare proprio così.
Che dire? C’è confusione. E non solo perché siamo in situazione di emergenza, ma perché le cose non sono chiare. E sui docenti e gli studenti positivi in Italia e in provincia, regna una certa omertà diffusa: per non creare inutile allarmismo, si dice. Perché è una priorità che la scuola resti aperta e in presenza, costi quel che costi. Da sempre sono a favore della scuola in presenza. Non credo, nella scuola dell’obbligo, alla scuola a distanza. Ma c’è un limite a tutto e serve più chiarezza.
Invece? I docenti aspettano nella notte se la mattina dopo potranno andare a lavorare o no. Chiedo ai sindacati: tutto ok e avanti così?
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